Italia Futuro (Montezemolo) porta un duro attacco alla Lega

I fatti di chi produce e le parole (e gli insulti) di chi ha fallito

A proposito di Bossi e degli imprenditori

da Italia Futuro.it

di Carlo Calenda e Andrea Romano , pubblicato il 26 settembre 2010

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Ha ragione Bossi. È facile parlare e più difficile agire. Bisogna ascoltarlo quando discetta sul valore dei proclami perché si tratta di un vero esperto in materia. Negli ultimi sedici anni ha costruito il successo della Lega sul lavoro di organizzazione del partito ma anche sulle provocazioni (e ultimamente su qualche gesto).

Di fatti invece se ne sono visti ben pochi. Se non la corresponsabilità della Lega in questi sedici anni di non scelte che hanno portato il paese ad impoverirsi materialmente e civilmente.

Anche sul fronte delle rivendicazioni specifiche del suo elettorato Bossi ha combinato ben poco (guardare alle promesse sul federalismo per credere). Dubitiamo infatti che i suoi elettori l’abbiano mandato in Parlamento per difendere Cosentino o Brancher

Ha ragione Bossi: in Italia (e in particolare nella sua Padania immaginaria) la chiacchiera va per la maggiore e delle parole a vanvera di una classe politica screditata gli italiani ne hanno piene le tasche. In particolare quelli che lavorano e producono (e al convegno di Genova della Confindustria ce n’erano tanti). Quegli italiani che, a differenza di Bossi, tengono in piedi il paese con i fatti e non con le parole.

Il Caimano nel Paese di Balocchi

Berlusconi.jpgCi prendono per cretini. Berlusconi e i suoi cortigiani impartiscono lezioni di etica pubblica a Fini rivendicando verità e confessioni in merito ad un appartamentino di Montecarlo. Il suo giornale di famiglia ha superato tutti i record di indecenza mettendo per due mesi lo stessa tema in prima pagina. Ieri il presidente della Camera ha riconosciuto un peccato di leggerezza fidandosi di un cognato non  proprio affidabile e, cosa più importante, ha dichiarato la disponibilità a lasciare la terza carica dello stato nel caso che il cognato stesso  risulti proprietario dell’immobile. Da tempo Fini ha dichiarato di affidarsi della magistratura italiana nella quale ripone piena fiducia.

Contemporaneamente il Caimano ha sguinzagliato tutti gli avvocati e i parlamentari di fiducia per improvvisare una legge che  eviti a se stesso il giusto processo, cioè quello riservato a tutti i comuni mortali quando sono indiziati di reato, così come lo è il presidente del consiglio. In qualche processo precedente se l’è cavata per prescrizione, ma adesso pare che ci siano aule di tribunale che lo attendono. Nei ritagli di tempo il Caimano azzanna con insulti ( il massimo per lui è: comunista) la magistratura in generale, la Corte Costittuzionale, il Capo dello Sato. E questi assalti se li riserva per quando va all’estero a rappresentare (malissimo) l’Italia.

Intanto, per non farsi mancare niente sta arruolando tra i suoi fedelissimi i migliori pezzi sul mercato , tanto per fare un nome Totò Cuffaro da affiancare al già presente Marcello Dell’Utri, sempre per dimostrare l’attaccamento all’etica pubblica.

Mentre il Berlusca corteggia Totò Cannolo Cuffaro, Belpietro e Feltri promuovono indagini severissimi sul tostapane presente nella casa di Montecarlo. E naturalmente per  i telegiornali nessuna parola sull’arricchimento della maggioranza con i vari Cuffari.

Nessuno ricorda che questi moralisti della domenica hanno impedito l’utilizzo delle intercettazioni per il processo dell’onorevole Cosentino indiziato di collusione con la camorra. Anzi, peggio, hanno festeggiato per aver impedito di produrre tutta la documentazione relativa alle ipotesi di reato attribuite. Parliamo degli stessi che chiedono chiarezza a Fini.

Ormai siamo al popolo dei cannoli.

luna

Il mentitore di Arcore.

Belusconi, dopo aver sparso fango sugli avversari e sulle Istituzioni  e dopo aver manganellato attraverso il giornale di famiglia, si è lamentato nei Tg amici per il clima di odio che si respira nel Paese. Ha sempre fatto così e sempre lo farà fin quando i Tg saranno zerbini sotto ai suoi piedi. Ormai non possiamo paragonarci neanche alla repubblica delle banane perché non è sicuro che lì sarebbero permesse queste nefandezze.

Il Governo difende Gheddafi e non gli italiani mitragliati

gheddafi berlusconi.jpgI ministri del Governo Berlusconi si schierano nettamente a favore di Gheddafi e contro i pescatori italiani mitragliati. Maroni afferma che si è tratto di un semplice incidente poiché i pescatori sono stati scambiati per clandestini. Quindi, secondo il ministro leghista è del tutto normale che si possa sparare a vista sulle barche dei clandestini. Frattini, a sua volta, ha dichiarato che l’equipaggio era intento a pescare abusivamente. Premesso che le sue affermazioni sono state subito smentite dall’equipaggio, anche per il ministro degli esteri è normale sparare su chi pesca dove non potrebbe farlo. La vicenda dimostra che questo governo antepone i rapporti con il dittatore libico alla tutela della vita degli italiani.

Questi accadimenti vanno denunciati in tutto il mondo in quanto incompatibili con il diritto alla vita di tutti gli essere umani. Diritto che viene messo in discussione per becere convenienze politiche e in nome degli affari da realizzare.

luna

Rai: Nuovi vincoli per i dibattiti politici

La RAI decide di controllare con schede vincolanti l’organizzazione dei dibattiti televisivi. Una roba da Minculpop. E chi controlla l’indifendibile Minzolini che fa un telegiornale ad uso e consumo del suo capo?

ANSA. 15. 09.2010 ROMA  – Le trasmissioni della Rai devono corrispondere ”integralmente” alle ‘schede’ che ne contengono tutti i dati e le informazioni editoriali necessarie, sottoposte all’approvazione della direzione generale, altrimenti rischiano la sospensione d’ufficio: e’ uno dei passaggi centrali della circolare inviata il 24 agosto dal dg Mauro Masi ai direttori di rete e testata e per conoscenza ai quattro vicedirettori generali Gianfranco Comanducci, Lorenza Lei, Giancarlo Leone e Antonio Marano. Nella circolare – si legge nel testo diffuso oggi dal portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti, mentre la lettera del dg e’ una delle questioni sul tavolo del cda Rai, riunito a Viale Mazzini – si invitano i direttori ”a predisporre le schede in questione complete dei dati e delle informazioni necessarie, con l’obiettivo di evitare che l’incompletezza e l’assenza delle informazioni richieste possa comportare la mancata approvazione delle medesime. E’ inutile sottolineare che le schede devono essere puntualmente ed integralmente coerenti con i palinsesti approvati (peraltro all’unanimita’) dal consiglio di amministrazione”. Il dg precisa inoltre che ”la realizzazione concreta dei programmi dovra’ poi essere integralmente corrispondente alle schede approvate. In caso contrario – sottolinea – il programma potra’ essere sospeso d’ufficio

Il Bel Paese sprofonda nel ridicolo

gheddafi berlusconi.jpgMai la credibilità del nostro Paese era caduta così in basso. Gli spari della motovedetta libica, regalata dal governo italiano, contro il peschereccio italiano ci regalano una sceneggiata tragica con venature di comico e grottesco. Per trovare cose simili, bisogna spulciare tra i film di Totò. A pochi giorni dalle comiche della vista di Gheddafi, l’avvenimento si presenta ancora più beffardo e ci fa sprofondare nel ridicolo più profondo. Ancor più grave è la reazione dei nostri ministri che si arrampicano sui vetri per minimizzare l’accaduto scusando gli autori del tentativo di omicidio dei nostri pescatori. In realtà loro stessi dovrebbero scusarsi con gli italiani che li hanno eletti affidando il Paese a gente non adatta al ruolo.

luna

 

Berlusconi incompatibile con un Paese civile. Meglio andare al voto.

 

Berlusconi.jpgNelle ultime settimane aveva parlato poco, preferendo affidarsi ai manganellatori mediatici dei giornali amici. E allora, in questi giorni di fine impero, ha scelto di affidarsi alla platea internazionale per vomitare accuse vergognose contro i suoi avversari interni. Gli insulti in Russia di Berlusconi contro i magistrati italiani (colpevoli, secondo il premier, di inventarsi le accuse) e contro il presidente della Camera dimostrano chiaramente che il personaggio nuoce gravemente al Paese. Secondo il presidente del consiglio noi dovremmo prendere lezioni di democrazia dalla Russia il cui leader Putin rappresenterebbe un dono del signore (dopo l’unto del signore, alias berlusca). Basterebbe tutto questo per far rivoltare tutte le coscienze, ma purtroppo gli italiani sono abituati a trangugiare tutto. Quanto successo dovrebbe spingere i Politici con la P maiuscola a mettere da parte giochini e alchimie e andare al voto per evitare altri danni irreversibili da parte di un personaggio sempre più vicino al modello Gheddafi o Putin. Se questi sono i suoi referenti, come ormai sembra, bisogna spiegarlo alla gente, prima che sia troppo tardi.     lu.na.

 

La Parentopoli dell’era Cota

dal Riformista del 10. 09.2010

«A tavola perdonerei chiunque. Anche i parenti», diceva Oscar Wilde. Per la versione riveduta e corretta della massima del drammaturgo, basta farsi un giretto nei corridoi della giunta e del consiglio regionale del Piemonte. Per la precisione, negli uffici di Pdl e Lega. Dove la regola è diventata: «Alla regione assumerei chiunque. Soprattutto i parenti». La figlia del capogruppo che lavora col presidente, la moglie dell’assessore assunta alle dipendenze di un altro assessore, la sorella dell’onorevole che ha un contratto col gruppo consiliare. Altro che “semplice” Parentopoli. A Torino, infatti, gli organigrammi regionali sembrano un gigantesco stato di famiglia.

Contratti a tempo determinato, contratti di collaborazione, consulenze. Documentati e documentabili attraverso atti ufficiali protocollati. Stipendi di tutto rispetto e, in certi casi, anche benefit come i buoni pasto.

Nel Piemonte dell’era Cota, per il ricongiungimento familiare non bisogna mica aspettare di ritrovarsi all’ora di cena o attendere il fine settimana per il pranzo della domenica. Tanto per fare un esempio, se il capogruppo della Lega nord Mario Carossa avesse voglia di scambiare due chiacchiere con la figlia Michela, non avrebbe che da percorrere trecento metri a piedi. È la distanza che separa Palazzo Lascaris, dove ha sede il Consiglio regionale, da piazza Castello, dove c’è il Palazzo della Regione. Perché Michela lavora proprio lì, nella segreteria del governatore Cota, come «addetto collaboratore dell’ufficio comunicazione».
Sia chiaro. Sarà senz’altro vero oltre ogni ragionevole dubbio che Carossa Michela, figlia di Carossa Mario, avrà acquisito nel tempo le competenze per svolgere al meglio il suo ruolo di «addetto collaboratore» nella centrale operativa della comunicazione del governatore leghista. Come sarà senz’altro vero che, nei mille rivoli familiari che attraversano gli organigrammi degli staff della Regione Piemonte, c’è chi ha fatto la gavetta, chi occupa determinate postazioni da prima delle ultime elezioni, chi se l’è meritato, il posto al sole.

Resta il fatto che, a Torino, l’incidenza dei «parenti di» nel computo totale dei lavoratori della regione è impressionante. La signora Paola Ambrogio, moglie dell’assessore all’Ambiente Roberto Ravello, lavora alla segreteria dell’assessore regionale ai Trasporti William Casoni. Le funzioni? «Attività di direttiva istruttoria complessa a supporto dell’Assessore nelle materie delegate». Curiosità: Ravello e Casoni, del Pdl, sono entrambi di provenienza aennina.

Ma il «tengo famiglia» non è mica un’esclusiva dei capigruppo o dei componenti della giunta. Anche tra gli affetti dei “semplici” consiglieri si trovano persone in grado di dare una mano in cambio di uno stipendio garantito dalla collettività. La sorella del pidiellino Francesco Toselli, Maria Cristina, lavora al gruppo del Popolo delle libertà. Poche scrivanie più in là c’è Daniela Rasello in Greco, figlia del consigliere regionale Rosanna Costa, anch’essa del Pdl. Non è tutto: insieme alla sorella di Toselli e alla figlia di Costa lavora anche Giovanna Armosino. Un caso di omonimia? Tutt’altro, visto che si tratta della sorella della più nota Maria Teresa, presidente della provincia di Asti nonché deputata nazionale del partito berlusconiano.
Cambiando l’ordine dei gruppi consiliari della maggioranza il risultato non cambia. Il capogruppo dei «Pensionati con Cota» Michele Giovine, al centro dell’indagine penale sulle firme false per la presentazione della (sua) lista alle ultime elezioni, ha alle dirette dipendenze del (suo) gruppo la sorella Sabrina. L’ennesimo caso in cui la famiglia entra nel partito.

Tutt’altra atmosfera si vive invece quando la famiglia è il partito. Basta prendere i «Verdi Verdi», eredi di quell’ambientalismo liberale che una quindicina di anni fa trovò riparo nel cuore di Silvio Berlusconi. Il loro leader nazionale si chiama Maurizio Lupi e non c’entra nulla con l’omonimo vicepresidente della Camera. Nel gruppo «Verdi-Verdi-Wwwf-L’Ambientalista per Cota» del consiglio regionale piemontese, di cui Lupi è l’unico esponente, lavorano la moglie Lorella, la figlia Sara e i fratelli Alberto e Alessandro. En plein. In pratica, dentro le stanze dei Verdi-Verdi, ogni giorno è un family day.

Ma per avere la prova regina che l’amore riesce a trionfare anche dentro il partito «dei duri e puri» del Carroccio basta prendere l’ascensore e salire ai piani alti. Quelli in cui vivono e operano il governatore Roberto Cota e il suo braccio destro, l’assessore allo Sviluppo economico Massimo Giordano. Il responsabile dell’Ufficio Comunicazione di Cota si chiama Giuseppe Cortese. Il responsabile dell’Ufficio Comunicazione di Giordano, invece, è una donna e risponde al nome di Isabella Arnoldi. Piccola, piccolissima, curiosità: Giuseppe Cortese e Isabella Arnoldi sono marito e moglie.

Certo, la competenza, i titoli, la professionalità, l’esperienza, la gavetta, l’impegno, la fatica, il sudore della fronte. Ma, sarà una coincidenza, da qualche mese a questa parte «dove c’è la Regione Piemonte c’è casa». D’altronde, se c’è amore si lavora meglio, no?

Fini parla di Politica. Panico tra i berluscones.

gianfranco-fini_280xFree.jpgDopo il discorso di Fini, il Pdl è entrato in fibrillazione. Panico tra i Minzolini, i Verdini, i Cosentini (quelli di Napoli), i Capezzoni e tutta l’allegro Partito dell’Amore. Sono spaventati perché hanno ascoltato per un’ora e mezza un signore parlare seriamente di politica. Il fatto è che loro non erano e non sono abituati a questi discorsi nei quali non figura l’incenso per il grande capo. Alla fine, tra l’altro, hanno cantato l’Inno d’Italia e non il più famoso “Meno male che Silvio c’è”.

Addirittura, secondo il Cofondatore, in Italia ci sarebbero i disoccupati, i precari e altre menzogne del genere. Tutte falsità per screditare il Paese dell’Amore cantato da Apicella. Quasi come Saviano che si ostina ad affermare che in Italia c’è la mafia.

E tutto questo dopo che il mondo civile ci ha reso omaggio per il rigore, la compostezza e la serietà evidenziata durante la visita del leader libico Gheddafi.

Stasera ad Arcore è prevista la riunione dello stato maggiore (della maggioranza) durante la quale parleranno in tre (Berlusconi, Berlusconi e Berlusconi). In un bar a pochi passi si vedranno Bondi, La Russa e Verdini.

luna