Evasori e tartassati.

evasori,tartassatiUn film già visto e rivisto. Da trenta anni si replica dai tempi della Tv in bianco e nero. Ormai conosciamo alla perfezione il copione, la sceneggiatura, gli attori e il luogo.

Ricordo quando si scoprì, eravamo negli anni ottanta, che i camerieri dichiaravano al fisco più dei padroni dei ristoranti. Ci si chiedeva allora: perché mai sobbarcarsi alla faticosa gestione di un’impresa considerato che alla fine il dipendente guadagna di più?

E’ semplicemente ridicolo che i giornali e le televisioni tirino fuori l’argomento come uno scoop.

Si tratta, al contrario di uno scandalo vecchio e stagionato creato dalla riforma fiscale degli anni settanta che ha previsto la divisione degli italiani in due gruppi ben distinti: a) i lavoratori dipendenti e i pensionati che pagano le tasse prima di prendere l’emolumento; b) gli Altri che possono dichiarare quanto vogliono.

La categoria b), (imprenditori, professionisti, commercianti ecc) si sono tenuti bassi nelle dichiarazioni consapevoli che le possibilità di controlli severi sarebbero state basse.

Il 6 giugno del 1988 ho condotto una ricerca per conto della CISL di Bergamo dalla quale emergeva questa considerazione: “Le distorsioni del carico tributario hanno creato due gruppi distinti: gli evasori e i tartassati” e ancora: “ l’incapacità a dare una risposta concreta all’evasione fiscale ha portato a inaudite distorsioni. Infatti, per mantenere inalterata la pressione fiscale media, si è aumentata la pressione fiscale solo sui lavoratori dipendenti. L’Irpef è diventata una tassa speciale sul lavoro dipendente erodendo, di fattoi, i contenuti reali della busta paga e il potere d’acquisto dei lavoratori”.

All’epoca dai lavoratori e dai pensionati arrivava circa l’ottantacinque per cento del totale delle imposte totali . Eravamo nel 1988.

luigi nappo

 

Guardare copia dell’articolo de L’Eco di Bergamo del 7 giugno 1988.

I dipendenti dichiarano più degli imprenditori

Ansa.it  – Il 49% dei contribuenti italiani ha un reddito complessivo lordo annuo che non supera i 15.000 euro l’anno. Un terzo invece non supera i 10.000 euro. E’ quanto risulta dalle ultime dichiarazioni Irpef, presentate nel 2011, rese note dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia.

REDDITO MEDIO E’ PARI A 19.250 EURO, +1,2% – Il reddito medio degli italiani è pari a 19.250 euro. E’ quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi Irpef (dichiarazioni 2011 su anno di imposta 2010). In un anno il reddito è cresciuto dell’1,2%. Lo comunica il Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia.

IN LOMBARDIA CON REDDITO PIU’ ALTO, CALABRA PIU’ BASSO – La regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (22.710 euro), seguita dal Lazio (21.720 euro), mentre la Calabria ha il reddito medio più basso con 13.970 euro. E’ quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi diffuse dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia.

SOLO 1 ITALIANO SU 100 DICHIARA PIU’100.000 EURO – Solo l’1% dei contribuenti italiani dichiara redditi superiori ai 100.000 euro: è quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi diffuse dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia. I contribuenti con redditi dichiarati superiori ai 300.000 euro sono invece 30.590, lo 0,07% del totale.

10,7 MLN CONTRIBUENTI NON PAGANO IRPEF – Circa 10,7 milioni di contribuenti “hanno imposta netta pari a zero”, in pratica non pagano l’Irpef. E’ quanto risulta dall’elaborazione delle ultime dichiarazione di redditi. Si tratta di contribuenti a basso reddito compresi nelle soglie di esenzione o la cui cui imposta lorda si azzera con le numerose detrazioni del Fisco.

LAVORATORI BATTONO IMPRENDITORI, DICHIARANO DI PIU’ – I lavoratori dipendenti battono gli imprenditori: se i primi dichiarano infatti un reddito medio di 19.810 euro, i loro datori di lavoro, gli imprenditori, hanno invece un reddito medio di 18.170 euro. E’ quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi diffuse dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia. Il dato degli imprenditori tra l’altro è calcolato “con riferimento ai soli contribuenti che non dichiarano perdite”, si legge nel dossier.

IRPEF MEDIA A 4.840 EURO, +120 EURO IN UN ANNO – L’imposta netta Irpef sui redditi del 2010 ha un valore medio di medio di 4.840 euro e segna un aumento del 2,5% (+120 euro) rispetto ai 4.720 euro del 2009. E’ quanto emerge dalle dichiarazioni fiscali del 2011 rese note dal dipartimento delle Entrate. L’imposta “positiva” è dichiarata da circa 30,9 milioni di soggetti, il 74 per cento del totale contribuenti.

ADDIZIONALI LOCALI PESANO 400 EURO A CONTRIBUENTE – L’addizionale regionale Irpef ammonta complessivamente a 8,6 miliardi di euro (+3,7% rispetto al 2009) con un importo medio per contribuente pari a 280 euro, mentre quella comunale ammonta a circa 3 mld (+0,4%) con un importo medio pari a 120 euro. L’addizionale regionale media più alta si registra nel Lazio (440 euro), seguito dalla Campania (360 euro), mentre l’addizionale regionale più bassa si registra in Puglia e Basilicata (180 euro). E’ quanto risulta dai dati delle dichiarazioni diffuse dal ministero dell’Economia.

AUMENTANO BADANTI, IN UN ANNO SPESA FAMIGLIE +21,8% – In un anno sono aumentati i contribuenti italiani (+18.000 circa) che hanno dichiarato di aver sostenuto spese per addetti all’assistenza personale (badanti), con un incremento del 21,8% dell’ammontare totale di tali spese. E’ quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi (2011 su anno di imposta 2010) diffuse oggi dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia.

 

La lotta alla corruzione la vera priorità per il Paese.

Licenziare i lavoratori era troppo difficle e, quindi, bisognava provvedere. Il disegno di legge che consente di mandare a casa un dipendente per motivi economici, non si tocca. Nessuna possibilità di reintegro, basta una paghetta per qualche mese e niente piagnistei.

Secondo gran parte della partitocrazia il destino dell’Italia dipende in buona parte da questa riforma visto che si sta rischiando la spaccatura delle forze sociali e del Paese.

Addirittura Angelino Alfano minaccia tuoni e fulmini in caso di eventuali emendamenti tesi ad alleggerire la portata di questa proposta governativa. Egli ritiene la questione d’importanza vitale per l’economia e le imprese.

In realtà le cose non stanno esattamente così: perfino il nuovo presidente della Confindustria ha riconosciuto che non è l’articolo 18 il problema delle imprese, ma l’eccessiva burocrazia e la lentezza di tutti i procedimenti pubblici.

Ad Angelino ricordiamo che esiste un altro problemino che pesa come un macigno sull’economia e sulla capacità di sviluppo del nostro Paese e si chiama Corruzione un sistema da sessanta miliardi di euro, il triplo di una manovra finanziaria.

Le tipologie dei fenomeni corruttivi sono varie ma hanno un denominatore comune: falsano il mercato azzerando i principi della libera concorrenza. Si ammazzano le imprese che si comportano correttamente nelle gare di appalto a vantaggio delle tresche e delle cricche. Ormai il campionario è vasto ed è visibile su tutta la lunghezza del nostro stivale.

La sedicente virtuosa Regione Lombardia è ormai in una spirale d’ipotesi di reati tra i più brutti: quelli di tipo ambientale che mettono in pericolo la salute pubblica. Lo stesso avviene in altre regioni alcune delle quali già segnate in passato da queste tristi vicende.

Allora Angelino dovrebbe spiegare agli italiani perché di questi argomenti il Governo non si dovrebbe interessare. Come mai egli non ritiene prioritaria la lotta alla corruzione per il nostro sistema economico e per il decoro del nostro Paese.

E’ triste assistere a questa commedia degli inganni. Quelli che ci hanno portato sull’orlo del burrone, ora sono sul piedistallo a urlare contro i sindacati e gli operai colpevoli, a loro dire, di boccare lo sviluppo.

E ancora più triste notare che anche nella stessa sinistra si mostrano incertezze nella difesa della debole posizione del dipendente nel rapporto di lavoro.

Ed è inammissibile che la priorità del nostro Paese in questo momento sia la rottamazione dell’art 18 e non la messa a punto di un procedimento di bonifica della gestione della cosa pubblica.

In realtà la vera priorità dovrebbe essere la lotta alla corruzione. Da qui si dovrebbe partire per dare ossigeno e dignità all’Italia.

 

 

 

 

 

Ringraziamo il Professore e andiamo a votare.

Mario Monti ha salvato il Paese che era sull’orlo del precipizio dove l’aveva cacciato il malgoverno di Berlusconi e della sua squadra. I conti non sono tutti a posto, ma si è ridotta la distanza dai Paesi più virtuosi. L’Italia non è ridotta più a macchietta ridicola e si è riappropriata di un minimo di credibilità che era stata registrata in forte caduta fino allo scorso mese di novembre.

Detto questo e dato a Monti quello che è di Monti, occorre una breve riflessione: Questi risultati importanti sono stati ottenuti grazie al sacrificio dei cittadini non benestanti e delle famiglie più deboli. Per capirci meglio il risanamento è stato pagato dai pensionati e dai lavoratori in maniera inversamente proporzionata alle ricchezze possedute.

Ricordiamo che è stata quasi azzerata l’indicizzazione delle pensioni erogate e prorogato il collocamento in pensione dei lavoratori in attività con sacrifici ragguardevoli. Poi sono arrivate le batoste con la reintroduzione dell’ICI o IMU sulla prima casa. Dalle pensioni di marzo si assaggeranno le prime conseguenze delle nuove addizionali regionali e comunali, arretrati compresi.

Dopo un primo tempo di tranquillità dettato dalla necessità di queste scelte per salvare il Paese, è sopravvenuta una rabbia per lo spettacolo offerto dalla “Varie Caste” diffuse nel Paese.

Mentre le famiglie vanno in affanno per arrivare alla fine del mese e per provvedere al mantenimento dei figli ecco cosa succede:

– si scopre che i partiti gestiscono (anche in maniera sconsiderata) fiumi di denaro, milioni di euro, provenienti dalle nostre buste paga;

– le categorie organizzate con sistema lobbistico si sono sottratte a ogni sacrificio assecondate da una partitocrazia impresentabile;

parlamentari, politici e amministratori si sono tenuti stretti i loro privilegi e il loro potere per difendere i privilegi di cui sopra;

– il governo dopo aver incassato dai pensionati e dai lavoratori ha rinunciato alla patrimoniale sulle ricchezze consolidate. Tanto i soliti noti hanno pagato per tutti.

A tutto ciò si aggiunge la mancanza di volontà a mettere seriamente mano a una legge anticorruzione che ponga fine alle sconcezze che riempiono le pagine dei giornali con puntate giornaliere.

Il Pdl, che a novembre sembrava spazzato via, detta ancora l’agenda e, anzi, si appresta a ficcare nelle leggi ancora norme ad personam per salvare il capo (vedi RAI e decreto anticorruzione).

E’ tempo di dare una connotazione politica al governo degli italiani. Sia dia al popolo la facoltà di decidere come arrivare alla conclusione di questa vergognosa seconda repubblica, se così si può chiamare.

Ci facciano decidere se “eleggere” dei politci di comodo o i rappresentanti di un Paese democratico e civile, in cui la civiltà si misuri soprattutto dal livello dello stato sociale.