Ambrosoli: dai partiti un passo indietro. Ora corro.

Umberto Ambrosoli (Imagoeconomica)Umberto Ambrosoli (Imagoeconomica)

Corriere.it  MILANO – Accetta. L’avvocato Umberto Ambrosoli parteciperà a «primarie competitive organizzate da un comitato civico», ora che «i partiti hanno responsabilmente accettato di fare un passo indietro». Ma senza che il mondo civico, da lui rappresentato, voglia demonizzare la politica: «Forse questa è l’occasione per portare avanti, uno di fianco all’altro, un concetto di responsabilità verso il bene comune». Umberto Ambrosoli ha sulla scrivania del suo studio, a pochi passi dal Tribunale, le prove del logo del suo comitato, con il suo volto sorridente stagliato su un Tricolore dove il verde-Lombardia è più grande degli altri colori.

Primarie civiche, insomma?
«Avevamo chiesto fin da subito al mondo civico di indire un processo di selezione, anche perché questa è una sfida che è opportuno il centrosinistra lanci al centrodestra, dove ci sono liste civiche guidate da esponenti di partito ancora in carica o da personalità la cui componente civica è tutta da scoprire».

Allude a Gabriele Albertini? 
«Beh, mi risulta abbia una tessera di partito in tasca. Io tessere non ne ho».

Torniamo alle primarie: si chiameranno così?
«Questo lo valuterà il comitato civico: mi viene da pensare che, avendo genitori diversi, queste consultazioni dovrebbero anche avere un nome diverso. Ma decidano gli altri. Io auspico che sia mantenuta la scadenza del 15 dicembre e che siano tenute buone le firme che sono già state raccolte da chi aveva già annunciato di volersi candidare».

Nel comitato per le primarie ci saranno anche rappresentanti dei partiti?
«Sicuramente ci sarà una parte con legami nel mondo dei partiti. Non sta a me suggerire una soluzione piuttosto che un’altra: so che ci sono già molti amministratori che fanno da trait d’union fra la politica e il territorio. Ma, ripeto, non spetta a me dare suggerimenti».

Avvocato, perché prima ha detto di no alla candidatura e poi ha cambiato idea? 
«Perché dopo aver detto di no mi sono confrontato con il pensiero, le aspettative e le speranze di tante altre persone. Sono stato travolto letteralmente da mail, lettere, messaggi che ripetevano: “Se ti fossi candidato, sarei andato a votare, peccato”. Ed erano richieste diverse da quelle arrivate inizialmente».

Quali
«Prima che il sindaco Pisapia mi chiamasse e facesse la proposta, avevo sentito in tivù un politico nazionale (Enrico Letta, ndr ) dire che mi avrebbe visto bene come candidato del centrosinistra alle regionali. Ecco: lì mi avevano marchiato e la mia discesa in campo sarebbe stata inquadrata come una richiesta dei partiti».

Ma i partiti la mettono così a disagio?
«Guardi, io non ho un problema con i partiti o con il Pd. Ma ne sono oggettivamente lontano. Quindi ci ho ripensato e presento ora il “pacchetto Umberto Ambrosoli”: una squadra, un programma su cui vincolare i partiti e una autonomia alla ricerca della massima trasversalità possibile».

Questo civismo significa che la politica è morta? 
«I partiti godono di una popolarità estremamente bassa e io dico purtroppo. Ma aggiungo che se la sono un po’ cercata: per l’assenza di controlli sull’attività dei propri adepti, per la mancanza di selezione della classe dirigente, per le nomine nei cda di parenti, autisti e amici».

Che differenza c’è fra Albertini e Ambrosoli? 
«Che non ho libri sui Camuni alle spalle (ride) . Io sono il primo a riconoscergli, e fin da tempi non sospetti, alcuni meriti. Ma la differenza è sul progetto: il suo principale sponsor è chi ha governato la Regione per 17 anni, lasciando che le organizzazioni criminali si infiltrassero nella sua giunta. Una domanda sulla discontinuità dei progetti dobbiamo farcela».

Lei non ha esperienze amministrative: sarebbe in grado di amministrare la regione più importante d’Italia? 
«È vero, non ho esperienze. Ma ho la possibilità di agire in termini complementari con intelligenze e competenze di altre persone. E sono certo che intorno a questo progetto riusciremo a valorizzare anche esperienze amministrative molto positive del nostro territorio».

A chi la accusa di essere stato chiamato solo perché figlio di Giorgio Ambrosoli (che fu assassinato quando Umberto stava per compiere 8 anni, ndr) cosa risponde?
«Dico anzitutto che l’eredità che porto è bella e ne vado orgoglioso. L’esempio dei miei genitori è forte e positivo. Ma rivendico la mia autonomia, anche se sono il primo a riconoscere la pesantezza di questo cognome e spero che non venga sottoposto ad attacchi e strumentalizzazioni che certo non meriterebbe».

 

Elisabetta Soglio15 novembre 2012 | 12:10© RIPRODUZIONE RISERVATA

Scuola: Concorso lotteria

Il concorso della scuola, lotteria futuro

 
WALTER PASSERINI

 la stampa.it

 

Sembra una lotteria. E in tempi di crisi uno le prova tutte per il lavoro, compreso il gioco d’azzardo, che sta diventando la maggior in dustria nazio nale.  

Il concorsone, stando alle cifre, è davvero un mostro mai visto, oltre ogni previsione. Alla prova, che scatterà nelle prossime settimane, ci sono 28 aspiranti per ciascun posto. Sui 321 mila candidati, in 215 mila non hanno una grande esperienza di insegnamento nella scuola e non vengono dalle graduatorie in esaurimento. Otto su dieci sono donne. Hanno in media 39 anni, ma ci sono quasi 3 mila over 55. Del resto, per iscriversi era necessario avere una laurea da almeno dieci anni. Giovani esclusi, quindi. Forse per abbassare l’età media si sarebbero dovuti lasciare entrare i neolaureati senza distinzione di età. Tanto, un terno al lotto rimane.  

 

Nessuna precedenza per i 220 mila precari, solo la metà si sono iscritti. Il pieno lo fa il Sud (165 mila domande), in testa la Campania (57 mila). Ci vuole rispetto per i seguaci di Pierre De Coubertin: l’importante non è vincere ma partecipare. Tra gli ordini prescelti c’è una certa omogeneità, con una leggera preferenza per le superiori (27%). Che cosa spinga un esercito della speranza di queste proporzioni a gettarsi nella mischia per ottenere un posto a scuola non è dato sapere, ma possiamo immaginare: forse più della motivazione può la disoccupazione. Eppure, l’insegnamento, una delle professioni più belle e meno pagate del mondo, esige vocazione. Ci sono degli eroi nelle scuole, che per meno di 1.500 euro al mese ci mettono l’anima e a volte anche soldi propri: per fotocopie, materiali didattici, anche carta igienica o acqua ossigenata.  

 

La differenza è tra chi «fa» o «è» insegnante. L’identità professionale deve essere forte per nuotare controcorrente, contro la fatica, i bassi stipendi, l’autoformazione, scansando i genitori sindacalisti accaniti dei propri figli e sfidando il disprezzo per una figura sociale che ha goduto di maggior prestigio. Ci basterebbe che intorno al concorsone si sviluppasse una discussione sulle finalità della nostra scuola. Abbiamo una scuola dell’infanzia e una scuola primaria che tutti ci invidiano. E’ dalle medie inferiori che appare l’anello debole, che crea dispersione e che non aiuta alla successiva selezione. Così tanti scelgono le superiori a 13 anni senza saper bene che fare. E quasi lo stesso succede per il dopo superiori. Non scarichiamo le colpe sugli insegnanti, né corresponsabilizziamo le famiglie. E’ contro chi disprezza lo studio come ascensore sociale che dovremmo gridare. L’educazione primaria e secondaria non è così male. Certo dovremmo migliorare il mix tra studi tecnici e umanistici, tra licei e istituti professionali.  

 

C’è un deficit di orientamento che condanna alla dispersione e allo spreco di risorse e che non fa amare la scuola. Ma il vero anello mancante su cui dovremmo discutere e decidere è l’introduzione con pari dignità della cosiddetta educazione terziaria, che non può essere solo universitaria. Francia, Germania, Regno Unito e Svizzera hanno da anni un’educazione post diploma di livello elevato e professionale. Noi ci balocchiamo ancora con deboli sperimentazioni. Allora, se vogliamo investire su un maggior dialogo tra scuola e mondo del lavoro è qui che dobbiamo puntare. E’ da qui che dovranno uscire quei tecnici che determinano una domanda inevasa di oltre 100 mila figure professionali. Intanto anche il concorsone un po’ di lavoro lo sta già creando: per i commissari d’esame, per la formazione dei formatori, per informatici ed esperti di dati e archiviazione, per avvocati esperti di ricorsi al Tar. E per stilare le domande dei quiz e dei test, almeno questa volta, confidiamo, a prova di errore.  

 

 
 

Bersani: da ricovero il Monti-bis

ansa.it

E’ scontro tra Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. “Casini morirà di tattica. Io spero che metta la barra dritta a un certo punto e decida dove andare”, afferma il segretario Pd, criticando la mancanza di chiarezza della linea politica del leader Udc. “Noi non siamo stati sudditi di Berlusconi, non lo saremo di Bersani. Siamo abituati a stare a schiena dritta, non chiniamo la schiena”, replica piccato il leader Udc. “Lui ci accusa di tatticismo io capisco che sia nella foga della campagna elettorale ma il Pd deve abituarsi a parlare con rispetto”, aggiunge. Controreplica Bersani: “Per l’amor di Dio, lo dicevo scherzando ma certo arriva un momento in cui bisogna decidere e ora nel passaggio sulla legge elettorale bisogna decidere. Voglio credere che alla fine Casini decida non per il meglio del Pd ma del Paese. Nessuno è suddito di nessuno ma siamo tutti gli italiani e dobbiamo avere a cuore il Paese”. “Chi pensa che con questa riforma elettorale si arrivi al Monti-bis è da ricovero. Ci sarebbe la palude e l’ingovernabilità. Lo tsunami, non per il Pd, ma per l’Italia”. Bersani stronca così l’ipotesi di riforma della legge elettorale, a un incontro promosso da Left. “Se non si garantisce la governabilità, noi ci metteremo di traverso. Dietro questa riforma c’é una logica furba del ‘muoia Sansone con tutti i filistei’, ma io sono fiducioso che si possa migliorare”. Il leader del Partito democratico annuncia le barricate del suo partito se la riforma elettorale in discussione non prevederà un premio al primo partito. “Non penseranno mica che mi metto a fare un governo con Berlusconi e Fini? – sbotta il segretario del Pd – Al di là di quanto sia alta la soglia il punto è se si vuole consentire a chi arriva primo di avere un ragionevole premio che non può essere sotto il 10%”. Bersani sostiene la necessità di un premio che certo “non garantisce la maggioranza assoluta ma indica l’azionista di riferimento in grado di dire chi governa”. “Bersani dice che pensare ad un Monti-Bis è da ricovero? Allora anche io sono da ricovero e con me molti del Pd che pensano ad un Monti-Bis”, ribatte Casini, intervenendo a un’iniziativa a Roma. “Non si può tornare alle cattive abitudini del passato – aggiunge – inviterei Bersani ad essere un po’ più cauto perché vicino a lui ci sono molti che sono da ricovero. Facciamo le persone serie”. “Bisogna mettere le carte in tavola con serietà sulla legge elettorale. Questa mattina ho letto che Grillo e Bersani contestano questa riforma”, osserva il leader dell’Udc. “Lo dicano chiaramente se vogliono tenere il Porcellum non devono avere paura di dirlo. Lo dicano in Parlamento e mi spieghino che è giusto che chi ha il 30% prenda il 55% dei seggi. Io ritengo che mettere una soglia, come peraltro ha richiesto la Corte Costituzionale, sia il minimo che si possa fare, perché un conto è premio del 7/8% un conto è il 25%. Quando Berlusconi e Prodi hanno vinto ed hanno raggiunto quasi il 50%, hanno preso il 6/7% di premio. Oggi questo non è più possibile per nessuno. Bisogna avere serietà – conclude Casini – le sceneggiate lasciano il tempo che trovano e dimostrano solo che c’é un tasso di strumentalità preoccupante: il Pd è una forza seria, si comporti da forza seria”. ”Non sto affatto chiedendo, come dice Casini, che con il 30% ai il 55%. Questo e’ il Porcellum che hanno fatto loro. Non sto chiedendo una maggioranza assoluta a sbafo se non si mette un premio del 10% il rischio di frammentazione in Parlamento e’ altissimo e questo porta non al Monti bis ma alla palude”. Bersani, a margine di una manifestazione del Psi, prosegue il confronto a distanza e ribadisce le ragioni della sua opposizione alla riforma elettorale. “Il tatticismo estenuante di Casini è ormai un vero genere letterario nella storia politica italiana. Penso che il fatto che egli sia tornato in quella compagnia di giro Pdl-Lega-Udc che costruì il porcellum e addirittura sia tornato lì per perfezionare il delitto mi pare veramente significativo”. Così Nichi Vendola, oggi a Prato. “Siamo in una condizione scandalosa. L’idea che si debbano modificare le regole del gioco per truccare la partita è insopportabile”, aggiunge Vendola. “Il sistema elettorale non può essere l’abito di arlecchino portato nella sartoria delle proprie convenienze di parte”. “La legge elettorale serve per dare un governo e non per fotografare un paese. Se l’Italia avesse votato un sistema di tipo francese sarebbe più forte della Germania”. Così Romano Prodi risponde a chi gli chiede un commento sul dibattito in corso sulla legge elettorale.