Carlo Simoncini: meglio più candidati che decisioni nelle segrete stanze del Pd.

Su Bergamonews.it  Carlo Simoncini ha risposto alla dichiarazione Roberto Bruni che auspicava un candidato unico del Pd in vista delle primarie per i candidato sindaco di Bergamo:

“mi permetto di esprimere un garbato dissenso nei confronti delle dichiarazioni di Roberto Bruni a proposito delle candidature alle prossime elezioni amministrative. A mio parere, democrazia vorrebbe che alle primarie si presentasse il più alto numero di candidati della coalizione di centrosinistra. Se il Pd presentasse un candidato unico, l’esito delle primarie sarebbe già scontato in partenza, data la forza elettorale del Pd rispetto alle altre possibili forze della coalizione. Pertanto sarebbero primarie apparenti, solo di facciata. E poi come verrebbe scelto il candidato unico del Pd? Con “preprimarie”? O, come è facilmente prevedibile, nelle segrete stanze delle sacrestie di partito? Con tanti saluti alla partecipazione popolare. Del resto anche alle primarie nazionali di coalizione dello scorso anno parteciparono tre candidati del Pd: Puppato, Bersani e Renzi”

Carlo Simoncini

Bergamo: Tangenti e politica: quanti silenzi

dal Corriere.it

Il dibattito che non c’è.

La questione morale a Bergamo non è mai in agenda. Riemerge come un fiume carsico l’inchiesta sulle tangenti per la discarica di Cappella Cantone, con tutte le implicazioni sul sistema di potere di Formigoni che ha riguardato da vicino una parte significativa della classe dirigente cittadina. Si riaccendono i riflettori sulle accuse all’ex assessore Moro e il ritorno di fiamma non è banale, se sotto inchiesta è finito perfino l’avvocato del Comune. Eppure non ci pare di assistere, come sarebbe lecito attendersi, al benché minimo cenno di dibattito politico e pubblico. Qui non si tratta, e con ciò preveniamo da subito le obiezioni del partito dei garantisti (a cui peraltro ci iscriviamo volentieri d’ufficio), di anticipare le sentenze. Ma di discutere apertamente se un certo modo di fare affari e di fare politica era (è) sano o malato e se possiede gli anticorpi per rigenerarsi. E dire che gli spunti non mancano.

La lunga e interessante intervista rilasciata dall’imprenditore Pierluca Locatelli a L’Eco di Bergamo , per esempio, ne offre parecchi. Locatelli è l’uomo chiave di entrambe le inchieste citate. E oggi ci spiega, in estrema sintesi, che sì, lui le tangenti le pagava, ma era l’unico modo per sveltire le pratiche amministrative, pena il tracollo dell’azienda in crisi. Giusto e legittimo che racconti la sua verità, esibendo peraltro con dignità le ferite di chi due mesi di duro carcere a San Vittore li ha scontati. Ma davvero vogliamo liquidare la questione con l’imperituro e laconico «così fan tutti»? Oppure dare tutta la colpa alla micidiale tagliola del patto di Stabilità, che tanto ormai ha le spalle larghe? C’è qualcuno tra gli esponenti politici bergamaschi di varia natura che ha voglia di dirci, o almeno di capire, se davvero le cose in Regione (e non solo) funzionavano o addirittura funzionano ancora così? C’è qualcuno tra gli imprenditori di casa nostra che ha voglia di spiegarci se esiste un’alternativa all’antico e intramontabile meccanismo della «macchina da oliare»? Quante domande e quanti silenzi imbarazzati.

C’è un altro rivolo dell’inchiesta, anticipato su queste colonne e confermato da Locatelli, che al di là del profilo penale a noi è parso interessante. All’imprenditore è stato chiesto en passant dal presidente della Cdo Breno di acquistare anche un certo numero di tessere a sostegno e all’insaputa di Angelo Capelli (non indagato), che sarebbe poi diventato il candidato alla segreteria del Pdl. Restando rigorosamente nel terreno del costume e dell’opportunità, è questo un metodo trasparente per creare consenso politico? Interrogativo parso ozioso ai più, opposizioni incluse. Certo non aiuta a stimolare il dibattito – ce lo consenta l’interessato che oltre al prestigio da principe del foro non difetta di sagacia politica – il fatto che l’avvocato del «grande accusatore» Locatelli sia Roberto Bruni, consigliere regionale ed ex sindaco, insomma l’esponente più in vista della controparte politica di alcuni indagati. Ovvio che su certe questioni sia costretto ad astenersi. Più in generale, è singolare che, nella meticolosa lista dei presunti nervi scoperti della giunta di centrodestra stilata nei giorni scorsi dall’opposizione, il caso Moro non abbia trovato neppure una piccola postilla. O forse non c’è troppo da stupirsi. La questione morale, a Bergamo, non è mai in agenda.

11 dicembre 2013

Stefano Rodotà sta con Civati

“La politica del coraggio e dello sguardo sul futuro”, il costituzionalista si schiera per le primarie del Partito Democratico.

Primarie Pd 2013: Pippo Civati riceve l'endorsement di Rodotà

Le Primarie Pd non porteranno grandi sorprese, visto che stando ai sondaggi il vincitore sarà Matteo Renzi. E però, un nome che nelle ultime settimane ha preso sempre più a circolare è quello di Pippo Civati; alternativa valida soprattutto per quell’area che non vede di buon occhio Renzi ma nemmeno un esponente della tradizione Pci-Pds-Ds com’è Gianni Cuperlo.

E dal momento che l’obiettivo di Civati è proprio quello di riuscire a superare Cuperlo, ecco che una mano importante gli arriva da Stefano Rodotà, l’uomo che in questi ultimi mesi è diventato simbolo di un’area movimentista di sinistra a cui molti guardano con interesse e che di fatto ha dato il suo endorsement al candidato segretario. Ne dà notizia lo stesso Civati sul suo blog, riportando il messaggio che Rodotà gli ha spedito:

Non so se esista veramente quell’”area Rodotà” che Pippo Civati generosamente mi accredita. Esiste certamente, invece, un largo mondo politico e sociale con il quale da anni mi sforzo di lavorare per ricostruire una cultura politica perduta e che ha ormai alcuni assi ben visibili – la via maestra della Costituzione e l’etica pubblica, i diritti fondamentali e la dignità delle persone, il reddito di cittadinanza e i beni comuni, l’accesso a Internet e le nuove forme di partecipazione. Proprio su questo terreno, e ben prima delle vicende dell’ultimo anno, proprio con Pippo Civati era nata una collaborazione che davvero mi auguro che possa continuare nel modo più intenso e utile per tutti. E’ la politica del coraggio e dello sguardo sul futuro.

Vista così, e in parole povere, non è difficile immaginare che Rodotà si recherà alle urne per votare per Pippo Civati. E questo è anche un affronto al Movimento 5 Stelle che ha candidato Rodotà al Quirinale, dal momento che fin dal giorno dopo le elezioni del febbraio 2013 Pippo Civati è stato in prima linea per trovare un accordo con le frange di “dissidenti” del Movimento 5 Stelle. Ragion per cui si è anche beccato i soliti insulti da parte di Beppe Grillo. Ma d’altra parte Rodotà è stato in parte rinnegato dal leader M5S (”ottuagenario miracolato dalla rete”), mentre Civati lo ha appoggiato – assieme al M5S che l’ha candidato – per la sua candidatura a presidente della Repubblica mettendosi contro tutto il partito.

Ambrosoli: dai partiti un passo indietro. Ora corro.

Umberto Ambrosoli (Imagoeconomica)Umberto Ambrosoli (Imagoeconomica)

Corriere.it  MILANO – Accetta. L’avvocato Umberto Ambrosoli parteciperà a «primarie competitive organizzate da un comitato civico», ora che «i partiti hanno responsabilmente accettato di fare un passo indietro». Ma senza che il mondo civico, da lui rappresentato, voglia demonizzare la politica: «Forse questa è l’occasione per portare avanti, uno di fianco all’altro, un concetto di responsabilità verso il bene comune». Umberto Ambrosoli ha sulla scrivania del suo studio, a pochi passi dal Tribunale, le prove del logo del suo comitato, con il suo volto sorridente stagliato su un Tricolore dove il verde-Lombardia è più grande degli altri colori.

Primarie civiche, insomma?
«Avevamo chiesto fin da subito al mondo civico di indire un processo di selezione, anche perché questa è una sfida che è opportuno il centrosinistra lanci al centrodestra, dove ci sono liste civiche guidate da esponenti di partito ancora in carica o da personalità la cui componente civica è tutta da scoprire».

Allude a Gabriele Albertini? 
«Beh, mi risulta abbia una tessera di partito in tasca. Io tessere non ne ho».

Torniamo alle primarie: si chiameranno così?
«Questo lo valuterà il comitato civico: mi viene da pensare che, avendo genitori diversi, queste consultazioni dovrebbero anche avere un nome diverso. Ma decidano gli altri. Io auspico che sia mantenuta la scadenza del 15 dicembre e che siano tenute buone le firme che sono già state raccolte da chi aveva già annunciato di volersi candidare».

Nel comitato per le primarie ci saranno anche rappresentanti dei partiti?
«Sicuramente ci sarà una parte con legami nel mondo dei partiti. Non sta a me suggerire una soluzione piuttosto che un’altra: so che ci sono già molti amministratori che fanno da trait d’union fra la politica e il territorio. Ma, ripeto, non spetta a me dare suggerimenti».

Avvocato, perché prima ha detto di no alla candidatura e poi ha cambiato idea? 
«Perché dopo aver detto di no mi sono confrontato con il pensiero, le aspettative e le speranze di tante altre persone. Sono stato travolto letteralmente da mail, lettere, messaggi che ripetevano: “Se ti fossi candidato, sarei andato a votare, peccato”. Ed erano richieste diverse da quelle arrivate inizialmente».

Quali
«Prima che il sindaco Pisapia mi chiamasse e facesse la proposta, avevo sentito in tivù un politico nazionale (Enrico Letta, ndr ) dire che mi avrebbe visto bene come candidato del centrosinistra alle regionali. Ecco: lì mi avevano marchiato e la mia discesa in campo sarebbe stata inquadrata come una richiesta dei partiti».

Ma i partiti la mettono così a disagio?
«Guardi, io non ho un problema con i partiti o con il Pd. Ma ne sono oggettivamente lontano. Quindi ci ho ripensato e presento ora il “pacchetto Umberto Ambrosoli”: una squadra, un programma su cui vincolare i partiti e una autonomia alla ricerca della massima trasversalità possibile».

Questo civismo significa che la politica è morta? 
«I partiti godono di una popolarità estremamente bassa e io dico purtroppo. Ma aggiungo che se la sono un po’ cercata: per l’assenza di controlli sull’attività dei propri adepti, per la mancanza di selezione della classe dirigente, per le nomine nei cda di parenti, autisti e amici».

Che differenza c’è fra Albertini e Ambrosoli? 
«Che non ho libri sui Camuni alle spalle (ride) . Io sono il primo a riconoscergli, e fin da tempi non sospetti, alcuni meriti. Ma la differenza è sul progetto: il suo principale sponsor è chi ha governato la Regione per 17 anni, lasciando che le organizzazioni criminali si infiltrassero nella sua giunta. Una domanda sulla discontinuità dei progetti dobbiamo farcela».

Lei non ha esperienze amministrative: sarebbe in grado di amministrare la regione più importante d’Italia? 
«È vero, non ho esperienze. Ma ho la possibilità di agire in termini complementari con intelligenze e competenze di altre persone. E sono certo che intorno a questo progetto riusciremo a valorizzare anche esperienze amministrative molto positive del nostro territorio».

A chi la accusa di essere stato chiamato solo perché figlio di Giorgio Ambrosoli (che fu assassinato quando Umberto stava per compiere 8 anni, ndr) cosa risponde?
«Dico anzitutto che l’eredità che porto è bella e ne vado orgoglioso. L’esempio dei miei genitori è forte e positivo. Ma rivendico la mia autonomia, anche se sono il primo a riconoscere la pesantezza di questo cognome e spero che non venga sottoposto ad attacchi e strumentalizzazioni che certo non meriterebbe».

 

Elisabetta Soglio15 novembre 2012 | 12:10© RIPRODUZIONE RISERVATA

Scuola: Concorso lotteria

Il concorso della scuola, lotteria futuro

 
WALTER PASSERINI

 la stampa.it

 

Sembra una lotteria. E in tempi di crisi uno le prova tutte per il lavoro, compreso il gioco d’azzardo, che sta diventando la maggior in dustria nazio nale.  

Il concorsone, stando alle cifre, è davvero un mostro mai visto, oltre ogni previsione. Alla prova, che scatterà nelle prossime settimane, ci sono 28 aspiranti per ciascun posto. Sui 321 mila candidati, in 215 mila non hanno una grande esperienza di insegnamento nella scuola e non vengono dalle graduatorie in esaurimento. Otto su dieci sono donne. Hanno in media 39 anni, ma ci sono quasi 3 mila over 55. Del resto, per iscriversi era necessario avere una laurea da almeno dieci anni. Giovani esclusi, quindi. Forse per abbassare l’età media si sarebbero dovuti lasciare entrare i neolaureati senza distinzione di età. Tanto, un terno al lotto rimane.  

 

Nessuna precedenza per i 220 mila precari, solo la metà si sono iscritti. Il pieno lo fa il Sud (165 mila domande), in testa la Campania (57 mila). Ci vuole rispetto per i seguaci di Pierre De Coubertin: l’importante non è vincere ma partecipare. Tra gli ordini prescelti c’è una certa omogeneità, con una leggera preferenza per le superiori (27%). Che cosa spinga un esercito della speranza di queste proporzioni a gettarsi nella mischia per ottenere un posto a scuola non è dato sapere, ma possiamo immaginare: forse più della motivazione può la disoccupazione. Eppure, l’insegnamento, una delle professioni più belle e meno pagate del mondo, esige vocazione. Ci sono degli eroi nelle scuole, che per meno di 1.500 euro al mese ci mettono l’anima e a volte anche soldi propri: per fotocopie, materiali didattici, anche carta igienica o acqua ossigenata.  

 

La differenza è tra chi «fa» o «è» insegnante. L’identità professionale deve essere forte per nuotare controcorrente, contro la fatica, i bassi stipendi, l’autoformazione, scansando i genitori sindacalisti accaniti dei propri figli e sfidando il disprezzo per una figura sociale che ha goduto di maggior prestigio. Ci basterebbe che intorno al concorsone si sviluppasse una discussione sulle finalità della nostra scuola. Abbiamo una scuola dell’infanzia e una scuola primaria che tutti ci invidiano. E’ dalle medie inferiori che appare l’anello debole, che crea dispersione e che non aiuta alla successiva selezione. Così tanti scelgono le superiori a 13 anni senza saper bene che fare. E quasi lo stesso succede per il dopo superiori. Non scarichiamo le colpe sugli insegnanti, né corresponsabilizziamo le famiglie. E’ contro chi disprezza lo studio come ascensore sociale che dovremmo gridare. L’educazione primaria e secondaria non è così male. Certo dovremmo migliorare il mix tra studi tecnici e umanistici, tra licei e istituti professionali.  

 

C’è un deficit di orientamento che condanna alla dispersione e allo spreco di risorse e che non fa amare la scuola. Ma il vero anello mancante su cui dovremmo discutere e decidere è l’introduzione con pari dignità della cosiddetta educazione terziaria, che non può essere solo universitaria. Francia, Germania, Regno Unito e Svizzera hanno da anni un’educazione post diploma di livello elevato e professionale. Noi ci balocchiamo ancora con deboli sperimentazioni. Allora, se vogliamo investire su un maggior dialogo tra scuola e mondo del lavoro è qui che dobbiamo puntare. E’ da qui che dovranno uscire quei tecnici che determinano una domanda inevasa di oltre 100 mila figure professionali. Intanto anche il concorsone un po’ di lavoro lo sta già creando: per i commissari d’esame, per la formazione dei formatori, per informatici ed esperti di dati e archiviazione, per avvocati esperti di ricorsi al Tar. E per stilare le domande dei quiz e dei test, almeno questa volta, confidiamo, a prova di errore.  

 

 
 

Bersani: da ricovero il Monti-bis

ansa.it

E’ scontro tra Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. “Casini morirà di tattica. Io spero che metta la barra dritta a un certo punto e decida dove andare”, afferma il segretario Pd, criticando la mancanza di chiarezza della linea politica del leader Udc. “Noi non siamo stati sudditi di Berlusconi, non lo saremo di Bersani. Siamo abituati a stare a schiena dritta, non chiniamo la schiena”, replica piccato il leader Udc. “Lui ci accusa di tatticismo io capisco che sia nella foga della campagna elettorale ma il Pd deve abituarsi a parlare con rispetto”, aggiunge. Controreplica Bersani: “Per l’amor di Dio, lo dicevo scherzando ma certo arriva un momento in cui bisogna decidere e ora nel passaggio sulla legge elettorale bisogna decidere. Voglio credere che alla fine Casini decida non per il meglio del Pd ma del Paese. Nessuno è suddito di nessuno ma siamo tutti gli italiani e dobbiamo avere a cuore il Paese”. “Chi pensa che con questa riforma elettorale si arrivi al Monti-bis è da ricovero. Ci sarebbe la palude e l’ingovernabilità. Lo tsunami, non per il Pd, ma per l’Italia”. Bersani stronca così l’ipotesi di riforma della legge elettorale, a un incontro promosso da Left. “Se non si garantisce la governabilità, noi ci metteremo di traverso. Dietro questa riforma c’é una logica furba del ‘muoia Sansone con tutti i filistei’, ma io sono fiducioso che si possa migliorare”. Il leader del Partito democratico annuncia le barricate del suo partito se la riforma elettorale in discussione non prevederà un premio al primo partito. “Non penseranno mica che mi metto a fare un governo con Berlusconi e Fini? – sbotta il segretario del Pd – Al di là di quanto sia alta la soglia il punto è se si vuole consentire a chi arriva primo di avere un ragionevole premio che non può essere sotto il 10%”. Bersani sostiene la necessità di un premio che certo “non garantisce la maggioranza assoluta ma indica l’azionista di riferimento in grado di dire chi governa”. “Bersani dice che pensare ad un Monti-Bis è da ricovero? Allora anche io sono da ricovero e con me molti del Pd che pensano ad un Monti-Bis”, ribatte Casini, intervenendo a un’iniziativa a Roma. “Non si può tornare alle cattive abitudini del passato – aggiunge – inviterei Bersani ad essere un po’ più cauto perché vicino a lui ci sono molti che sono da ricovero. Facciamo le persone serie”. “Bisogna mettere le carte in tavola con serietà sulla legge elettorale. Questa mattina ho letto che Grillo e Bersani contestano questa riforma”, osserva il leader dell’Udc. “Lo dicano chiaramente se vogliono tenere il Porcellum non devono avere paura di dirlo. Lo dicano in Parlamento e mi spieghino che è giusto che chi ha il 30% prenda il 55% dei seggi. Io ritengo che mettere una soglia, come peraltro ha richiesto la Corte Costituzionale, sia il minimo che si possa fare, perché un conto è premio del 7/8% un conto è il 25%. Quando Berlusconi e Prodi hanno vinto ed hanno raggiunto quasi il 50%, hanno preso il 6/7% di premio. Oggi questo non è più possibile per nessuno. Bisogna avere serietà – conclude Casini – le sceneggiate lasciano il tempo che trovano e dimostrano solo che c’é un tasso di strumentalità preoccupante: il Pd è una forza seria, si comporti da forza seria”. ”Non sto affatto chiedendo, come dice Casini, che con il 30% ai il 55%. Questo e’ il Porcellum che hanno fatto loro. Non sto chiedendo una maggioranza assoluta a sbafo se non si mette un premio del 10% il rischio di frammentazione in Parlamento e’ altissimo e questo porta non al Monti bis ma alla palude”. Bersani, a margine di una manifestazione del Psi, prosegue il confronto a distanza e ribadisce le ragioni della sua opposizione alla riforma elettorale. “Il tatticismo estenuante di Casini è ormai un vero genere letterario nella storia politica italiana. Penso che il fatto che egli sia tornato in quella compagnia di giro Pdl-Lega-Udc che costruì il porcellum e addirittura sia tornato lì per perfezionare il delitto mi pare veramente significativo”. Così Nichi Vendola, oggi a Prato. “Siamo in una condizione scandalosa. L’idea che si debbano modificare le regole del gioco per truccare la partita è insopportabile”, aggiunge Vendola. “Il sistema elettorale non può essere l’abito di arlecchino portato nella sartoria delle proprie convenienze di parte”. “La legge elettorale serve per dare un governo e non per fotografare un paese. Se l’Italia avesse votato un sistema di tipo francese sarebbe più forte della Germania”. Così Romano Prodi risponde a chi gli chiede un commento sul dibattito in corso sulla legge elettorale.

Lazio. Pdl rischia la tempesta perfetta.

Il caso Lazio rischia di risucchiare il partito in una voragine

AMEDEO LAMATTINA     
la stampa.it
ROMA

Ora Berlusconi dovrà essere capace di uscire dal bunker dove si è rifugiato, tirare fuori il Pdl da quella che il direttore di Libero Belpietro ha definito la “palude della libertà” . Il caso Lazio rischia di risucchiare il partito in una voragine. E non è soltanto una questione di “rubagalline” come qualche giorno fa aveva detto il segretario Alfano, ma di un sistema di selezione delle candidature e di un meccanismo di voto regionale (le preferenze) che ha dato il peggio di sè. E’ la mancanza di una leadership che latita in attesa di vedere quale sarà la legge elettorale e delle contorsioni masochistiche delle primarie Pd. Ecco, le preferenze, quelle che il Pdl chiede per la riforma elettorale e che a gran voce chiedono La Russa, Gasparri e Meloni per consentire a chi ha più filo da tessere di farsi eleggere senza essere scelti e nominati dai vertici del partito, magari in una lotta fratricida tra ex An ed ex Forza Italia. Su questo ieri sera nel bunker di Palazzo Grazioli gli ex An hanno chiesto garanzie al Cavaliere: non faccia scherzi, non baratti i collegi per un premio di maggioranza piccolo al primo partito che sulla carta dei sondaggi rimane il Pd.

L’ex premier ha dato rassicurazioni ma verba volant… E ora, con quello che succede nel Lazio, sarà più difficile mantenere la promesse, sarà più difficile la convivenza tra una parte degli ex An e i forzisti della prima ora. La tensione è alle stelle nel Pdl, la possibilità di una scissione definita “virtuosa” dalla Santanché ( “aumenteremmo tutti i voti con liste diverse ma federate”) se si dovesse andare al voto con il proporzionale. Le parole dell’ex ministro Frattini fanno capire molto: “la fusione fredda non è riuscita, ci sono visioni diverse”. Ieri sera La Russa e Gasparri, uscendo dal bunker, hanno voluto dare l’impressione che le cose si siano messe sui binari giusti perchè Berlusconi avrebbe aperto una riflessione sul tema: vogliamo vincere o solo pareggiare? Si staglia all’orizzonte la voglia del Cavaliere di cercare almeno un pareggio o un quasi pareggio complice un nuovo sistema proporzionale, per dar vita poi alla Grande coalizione e Monti ancora a Palazzo Chigi. Cosa che una buona parte del Pdl non vuole. Ma il problema oggi è cosa sopravviverà del partito se la macchia di fango del Lazio, per il momento limitata a Fiorito, diventerà un lago melmoso con dentro altri consiglieri targati Pdl e magari pure Lista Polverini, nonché la stessa presidente.

Berlusconi è ben consapevole del rischio enorme che sta correndo, dell’effetto domino che le dimissioni della Polverini potrà avere. “Qui – ha detto ai suoi ospiti nel bunker – voi ponete dei problemi che capisco ma vi rendete conto che ci stiamo fracassando la testa contro un muro? Dobbiamo rimanere uniti”. Alle regionali siciliane quel che resta del centrodestra sembra arrancare: se Musumeci dovesse perdere e la Polverini buttare la spugna, sarebbe una tempesta perfetta, che risucchierebbe anche il Comune di Roma dove Alemanno si è ricandidato senza il sostegno di mezzo partito.

 

 

I dipendenti dichiarano più degli imprenditori

Ansa.it  – Il 49% dei contribuenti italiani ha un reddito complessivo lordo annuo che non supera i 15.000 euro l’anno. Un terzo invece non supera i 10.000 euro. E’ quanto risulta dalle ultime dichiarazioni Irpef, presentate nel 2011, rese note dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia.

REDDITO MEDIO E’ PARI A 19.250 EURO, +1,2% – Il reddito medio degli italiani è pari a 19.250 euro. E’ quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi Irpef (dichiarazioni 2011 su anno di imposta 2010). In un anno il reddito è cresciuto dell’1,2%. Lo comunica il Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia.

IN LOMBARDIA CON REDDITO PIU’ ALTO, CALABRA PIU’ BASSO – La regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (22.710 euro), seguita dal Lazio (21.720 euro), mentre la Calabria ha il reddito medio più basso con 13.970 euro. E’ quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi diffuse dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia.

SOLO 1 ITALIANO SU 100 DICHIARA PIU’100.000 EURO – Solo l’1% dei contribuenti italiani dichiara redditi superiori ai 100.000 euro: è quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi diffuse dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia. I contribuenti con redditi dichiarati superiori ai 300.000 euro sono invece 30.590, lo 0,07% del totale.

10,7 MLN CONTRIBUENTI NON PAGANO IRPEF – Circa 10,7 milioni di contribuenti “hanno imposta netta pari a zero”, in pratica non pagano l’Irpef. E’ quanto risulta dall’elaborazione delle ultime dichiarazione di redditi. Si tratta di contribuenti a basso reddito compresi nelle soglie di esenzione o la cui cui imposta lorda si azzera con le numerose detrazioni del Fisco.

LAVORATORI BATTONO IMPRENDITORI, DICHIARANO DI PIU’ – I lavoratori dipendenti battono gli imprenditori: se i primi dichiarano infatti un reddito medio di 19.810 euro, i loro datori di lavoro, gli imprenditori, hanno invece un reddito medio di 18.170 euro. E’ quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi diffuse dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia. Il dato degli imprenditori tra l’altro è calcolato “con riferimento ai soli contribuenti che non dichiarano perdite”, si legge nel dossier.

IRPEF MEDIA A 4.840 EURO, +120 EURO IN UN ANNO – L’imposta netta Irpef sui redditi del 2010 ha un valore medio di medio di 4.840 euro e segna un aumento del 2,5% (+120 euro) rispetto ai 4.720 euro del 2009. E’ quanto emerge dalle dichiarazioni fiscali del 2011 rese note dal dipartimento delle Entrate. L’imposta “positiva” è dichiarata da circa 30,9 milioni di soggetti, il 74 per cento del totale contribuenti.

ADDIZIONALI LOCALI PESANO 400 EURO A CONTRIBUENTE – L’addizionale regionale Irpef ammonta complessivamente a 8,6 miliardi di euro (+3,7% rispetto al 2009) con un importo medio per contribuente pari a 280 euro, mentre quella comunale ammonta a circa 3 mld (+0,4%) con un importo medio pari a 120 euro. L’addizionale regionale media più alta si registra nel Lazio (440 euro), seguito dalla Campania (360 euro), mentre l’addizionale regionale più bassa si registra in Puglia e Basilicata (180 euro). E’ quanto risulta dai dati delle dichiarazioni diffuse dal ministero dell’Economia.

AUMENTANO BADANTI, IN UN ANNO SPESA FAMIGLIE +21,8% – In un anno sono aumentati i contribuenti italiani (+18.000 circa) che hanno dichiarato di aver sostenuto spese per addetti all’assistenza personale (badanti), con un incremento del 21,8% dell’ammontare totale di tali spese. E’ quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi (2011 su anno di imposta 2010) diffuse oggi dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia.

 

In Veneto persone decedute iscritte al Pdl.

Da ilfattoquotidiano.it

Sequestri dei carabinieri in via dell’Umiltà

Dopo gli iscritti fantasma in Emilia Romagna continua la campagna di tesseramento facile del partito di Berlusconi in vista dei congressi

L’homepage del sito del Pdl di Vicenza

Tessere del Pdl intestate a persone che non avrebbero mai fatto richiesta di adesione al partito e che in alcuni casi erano già defunte.Dopo il caso dell’Emilia Romagna che rischia di finire in tribunale, sembra destinato ad ampliarsi anche il fronte vicentino della storia dopo che i carabinieri si sono presentati alla sede nazionale del Partito della Libertà, in via dell’Umiltà, a Roma, e hanno sequestrato altre 29 tessere.

Accade alla vigilia del congresso del Pdl nella città veneta, in programma il 12 febbraio al teatro comunale per decidere la nuova leadership locale a cui punterebbe l’eurodeputato e vice coordinatore provinciale Sergio Berlato. E il tutto viene calato in un’inchiesta più ampia avviata di recente dal pubblico ministero di Vicenza Paolo Pecori. Inchiesta in base alla quale già altre iscrizioni erano sotto verifica da parte della magistratura per stabilire se rientrassero tra quelle sulla cui autenticità ci sono dubbi.

Secondo le informazioni finora riscontrate, un primo sequestro effettuato della settimana scorsa e il secondo, più recente, riguardano persone che mai hanno compiuto la scelta di iscriversi al partito dell’ex premier Silvio Berlusconi e a suffragio di ciò mancherebbe anche prova del versamento dei 10 euro previsti per l’adesione. Inoltre i carabinieri starebbero conducendo controlli specifici su una decina di tessere che risulterebbero sottoscritte da persone già passate a miglior vita al momento dell’iscrizione.

Il deputato Gregorio Fontana, che ha ricevuto i militari vicentini e che ha consegnato loro il materiale richiesto, ha dichiarato che “da parte nostra c’è la massima collaborazione alle indagini” che ipotizzano il reato di falso continuato in scrittura privata per poco meno 8 mila tessere su un totale di 16 mila. Quasi la metà, infatti, quelle che sembrano denotare stranezze, non ultima l’assenza della fotocopia di un documento d’identità valido. E adesso occorre capire se davvero – come ritiene la procura di Vicenza – qualcuno abbia preso l’elenco dell’associazione cacciatori veneti riportando generalità e dati anagrafici senza averne diritto.

Dagli accertamenti, tra le ulteriori eccentricità al vaglio degli inquirenti, compare anche il fatto che tra gli iscritti siano finiti sindaci, amministratori e politici locali di altri partiti, tra cui la Lega Nord eRifondazione Comunista. Tra loro compare inoltre il nome di Massimo Calearo, eletto in parlamento nel 2008 per il Partito Democratico passando in seguito ad Alleanza per l’Italia (Api) di Francesco Rutelli e proseguendo il suo pellegrinaggio transpartitico anche attraverso i responsabili di Domenico Scilipoti.

Nel frattempo, sulla scia delle indagini della magistratura, una trentina di iscritti (veri) al Pdl ha annunciato che non parteciperà al congresso di Vicenza. In parallelo ulteriori verifiche sono in corso in altre città del Veneto. In particolare a Treviso sono nel mirino 1.172 tessere su un numero complessivo di poco più di 5.500. Tante sarebbero infatti quelle che, come accaduto a Vicenza, non sarebbero corredate da copia di carta d’identità. A Verona, invece, il fenomeno avrebbe riguardato un numero inferiore di moduli, 214 su 11 mila, mentre a Belluno si è già deciso di dichiarare nulle 208 tessere che sarebbero state pagate con un unico versamento postale.

Saldi: 10% negozi bergamaschi irregolari

Ansa.it Prezzi aumentati nell’ultima settimana prima dei saldi, al fine di praticare sconti fittizi per ingannare i clienti. E’ quanto ha scoperto la Guardia di Finanza in alcuni negozi di Bergamo e provincia. Le Fiamme Gialle hanno effettuato un attento monitoraggio dei prezzi praticati dagli esercizi commerciali, scovando alcuni ‘furbetti del saldo’, inottemperanti della cosiddetta legge sul commercio. In particolare, durante la settimana che ha preceduto l’inizio dei saldi, i finanzieri hanno fotografato su tutto il territorio provinciale le vetrine di oltre cento negozi – compresi alcuni esercizi che operano all’interno dei centri commerciali – allo scopo di effettuare successivi confronti con i prezzi praticati sugli stessi prodotti posti in saldo a partire dal 5 gennaio. Nel 10% dei casi i finanzieri hanno accertato irregolarità relative a saldi ingannevoli nei confronti dei clienti.

L’attività di controllo ha portato all’accertamento di varie violazioni per la mancata presenza sul cartellino di vendita di tutti gli elementi obbligatori (prezzo iniziale, percentuale di sconto e prezzo finale). A 13 commercianti trasgressori è stata contestata una sanzione amministrativa che va da 516 a 3.098 euro. In sei esercizi commerciali è stato anche riscontrato che i prezzi dei prodotti in offerta erano stati aumentati rispetto a quelli in precedenza proposti, in modo tale da rendere irreale la percentuale di sconto applicata al consumatore finale.

09.01.2012