Dopo elezioni: prendiamo il toro per le corna.

Basta con i piagnistei e le analisi infinite.  Si sapeva che al Senato non ci sarebbe stata maggioranza, grazie al mai troppo maledetto Porcellum, il cui padre è stato anche riconfermato. Alla Camera il risultato non è in discussione.

Da questa situazione, senza entrare nelle prerogative politiche-istituzionali di altri soggetti, alcune cose si possono fare e guarda caso, si tratta di cose invocate da anni da tutte le persone per bene. (da oggi non userò più il termine “cittadini” in senso generico).  Altro che larghe intese rivendicate da Berlusconi e soci.

Se non mi sbaglio, in Parlamento ci sono i numeri per approvare: la riduzione dei parlamentari, la riduzione degli stipendi, la legge sul conflitto d’interessi, il decreto anticorruzione, il falso in bilancio, la riduzione del finanziamento ai partiti e ai gruppi consiliari, il salario sociale, provvedimenti per le pensioni e i redditi bassi…. Cominciamo.

Bisogna mettere in cantina gli “inciucisti di professione” (cito per caso D’Alema) e trarre, così, da un evento elettorale negativo o finito storto lo strumento adatto per mazzolare (politicamente s’intende) la vecchia politica: quella che scende in campo per gli affari; per la propria professione; per bloccare in Parlamento tutte le richieste dalla magistratura. Intanto impieghiamo bene i prossimi mesi, poi si vedrà.

Insomma: se abbiamo gli attributi, andiamo a prendere il toro per le corna.

l.n.

Aspettando l’art.49

da Libertà e Giustizia. di Alessandro Bruni.

Credo che esista nella nostra storia sociale e democratica un eccezionale antidoto alla esondazione del malaffare, alla gestione personalistica e  criminale del bene comune e alla avidità imperante di tutti e di tutto dei nostri tempi.
Questo antibiotico etico si chiama “cittadinanza informata e partecipante”.
Abbiamo vissuto per due decenni delegando la nostra responsabilità di cittadini, verso la democrazia e in sostanza verso il bene comune, lungo due direttrici.
La prima è quella impersonificata dall’uomo del “ghe pensi mi”; l’altra è quella che ha prodotto la politica dei “caminetti” e dei politici” professionisti”.
Tutti noi (almeno la gran parte) concentrati sul nostro “particulare”, abbiamo ritenuto non prioritario controllare efficacemente gli esiti di questa gestione del bene pubblico in “outsourcing”.
Le conseguenze sono sotto gli occhi e sopra la pelle di tutti.
Il senso della battaglia di civiltà e di divulgazione di una cultura politica diretta in verso opposto condotta da Libertà e Giustizia, ha rappresentato e rappresenta l’essenza di questo antidoto.
Dieci anni di dibattiti, di informazione attraverso il sito e i comunicati stampa, di manifestazioni nelle piazze e nei teatri, di appelli “storici”, di severi e ripetuti richiami alla classe politica alla trasparenza, al rinnovamento e soprattutto all’apertura, di impegno per alimentare e diffondere la rete delle nostre scuole di formazione politica, hanno costruito una piccola comunità di “cittadini informati e partecipanti”.
Ci interroghiamo sempre sul significato di questa nostra partecipazione, sull’impegno e lo sforzo che tentiamo di produrre per avvicinare, motivare e coinvolgere altri cittadini nelle nostre battaglie e sotto le nostre bandiere.
Ma i fatti che viviamo ci dimostrano che, almeno nel nostro paese, non esiste una struttura o un corpo sociale intermedio che possa autorevolmente produrre e moltiplicare questi antidoti democratici e civili; non può farlo nessun partito politico, nessuno escluso ( almeno fino ad oggi) almeno fino a quando non esisterà una legge seria che dia effettivamente applicazione al dettato dell’art.49 della Costituzione. Non possono farlo movimenti o anche associazioni di cultura politica che per ispirazione si trovino a pascolare al di fuori dei recinti  segnati dai principi della Costituzione.
Solo una comunità che abbia impressi nel proprio dna civile e democratico questi principi potrà alimentare e moltiplicare gli antidoti.
Questo il senso e l’assoluta necessità del nostro rinnovato impegno con Libertà e Giustizia.
Anche se spesso ci torna in mente la citazione che Piero Calamandrei fece durante una sessione dell’assemblea Costituente. Rivolgendosi a Palmiro Togliatti indicò che la nascente Costituzione …guardava avanti e di fronte aveva un buon scenario…ma è “… come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte”.

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Hanno vinto in due: Elena e la Politica.

Elena Carnevali.jpgMentre soffia ancora il vento dell’antipolitica, si è aperto uno squarcio di sereno attraverso il quale è possibile individuare un Politica con la P maiuscola.

Questo si è verificato grazie alle primarie PD per il Parlamento che hanno motivato e mobilitato centinaia di volontari, attivisti e tanta altra gente non abituale frequentatrice di sedi politiche.

Una competizione tesa a valorizzare le risorse umane sul territorio e a risvegliare il senso di appartenenza a un’idea politica. Ad esempio il confronto tra Elena Carnevali e Giorgio Gori ha riguardato due percorsi di vita, ma anche idee diverse sui temi del lavoro, della giustizia sociale, dell’idea dello Stato.

Nelle prime interviste qualcuno ha affermato: ha vinto il PD. D’accordo, ma prima del Pd ha vinto la Politica, relegando in un angolo angusto l’antipolitica, il populismo e il finto nuovismo dei volti resi rugosi dalle lunghe vacanze ai Cariabi.

Ha vinto Elena, ma lo stesso Giorgio Gori oggi è più simpatico (a patto che non parli di apparato) perché avrà capito che il pane e salame nostrano è migliore di quello avvolto nelle confezioni di lusso.

E allora godiamoci questo risultato dando il giusto riconoscimento a chi ha vinto, ma anche agli altri che si sono messi in discussione sottoponendosi al giudizio di decine di migliaia di elettori.

Per le nuove formazioni politiche i candidati sono scelti dal super manager Bondi.  Come si trattasse di assunzione di personale in banca. Fatti loro.

Perché voterò Elena Carnevali

Elena-festa-.jpegLa scelta delle primarie operata del Pd tenta di mettere una pezza alla legge elettorale battezzata Porcellum. Non ci saranno le preferenze, ma avremo comunque la possibilità di dire la nostra sui candidati da mandare in Parlamento. Allora utilizziamo al meglio questo strumento valorizzando le competenze e le risorse umane già consolidate in anni d’impegno sul territorio a contatto con la gente. Persone in grado di assecondare le richieste di rinnovamento avanzate dai cittadini, pur con un prezioso bagaglio di conoscenza sui temi sentiti dalla Comunità bergamasca.

Sabato prossimo votando Elena riusciremo a trarre il meglio da questa competizione evitando salti nel buio. Ricordiamoci che nella prossima legislatura le politiche sociali dovranno avere una giusta priorità accanto al risanamento dei conti e alla riduzione dei costi della politica. Oggi si parla e si straparla tanto di agenda, ma il vero politico nella propria agenda custodisce prima di tutto i suoi valori di riferimento. Senza quelli manca la stella polare. Restano i conti, le statistiche, le scartoffie. Manca il perché e il per chi spendiamo il tempo sottratto alla famiglia.

Votando Elena mi sento tranquillo

l.n.

Perché voterò Elena Carnevali

percè,voterò,elena carnevali

La scelta delle primarie operata del Pd tenta di mettere una pezza alla legge elettorale battezzata Porcellum. Non ci saranno le preferenze, ma avremo comunque la possibilità di dire la nostra sui candidati da mandare in Parlamento. Allora utilizziamo al meglio questo strumento valorizzando le competenze e le risorse umane già consolidate in anni d’impegno sul territorio a contatto con la gente. Persone in grado di assecondare le richieste di rinnovamento avanzate dai cittadini, pur con un prezioso bagaglio di conoscenza sui temi sentiti dalla Comunità bergamasca.

Sabato prossimo votando Elena riusciremo a trarre il meglio da questa competizione evitando salti nel buio. Ricordiamoci che nella prossima legislatura le politiche sociali dovranno avere una giusta priorità accanto al risanamento dei conti e alla riduzione dei costi della politica. Oggi si parla e si straparla tanto di agenda, ma il vero politico nella propria agenda custodisce prima di tutto i suoi valori di riferimento. Senza quelli manca la stella polare. Restano i conti, le statistiche, le scartoffie. Manca il perché e il per chi spendiamo il tempo sottratto alla famiglia.

Votando Elena mi sento tranquillo.

Elena Carnevali può garantire i bergamaschi in Parlamento.

Il curriculum di Elena Carnevali indica coerenza e idoneità rispetto ai bisogni dei bergamaschi. Impegno nel sociale, disponibilità all’ascolto, competenza sui temi affrontati, tenacia nel confronto politico. Questo percorso può garantire la bontà di una scelta.

Per quanto riguarda Giorgio Gori devo dire che non guardo molto la televisione, salvo lo sport e qualche film. Non mi pronuncio.

l.n.

Primarie Pd per il Parlamento. Meglio Elena Carnevali.

primarie pd,percè votare,elena carnevaliDa ossevatore esterno mi permetto di scrivere alcune considerazioni in merito alle primarie del Pd per il Parlamento. A Bergamo sono stati resi noti i nominativi prescelti per la gara del 29 dicembre con qualche immancabile polemica poi superata.

A mio avviso tra i concorrenti in gara la persona che risponde meglio alle esigenze del nostro territorio è senza alcun dubbio Elena Carnevali e cercherò di piegare i motivi di questa preferenza.

Elena si è formata sui banchi dell’opposizione al Comune di Bergamo segnalandosi per tenacia, voglia di approndire i vari temi e capacità di mettere in difficoltà la maggioranza. Quest’ultima caratteristica la enuncio per mia esperienza personale.

Su molte delibere in materia urbanistica richiedeva documentazione suppletiva, fotocopie e quant’altro le serviva per le battaglie in Consiglio Comunale.

Dopo di che Elena dal 2004 al 2009 ha dimostrato, oltre alle doti idonee per una buona opposizione, una ottima capacità  a guidare l’assessorato ai servizi sociali con attestati di stima anche da parte degli schieramenti avversi. Per maggiori informazioni chiedere, ad esempio, ai responsabili dei centri per gli anziani localizzati nelle varie circoscrizioni.

Con Elena la presenza femminile in lista non risponde ad una atto dovuto. Ha i requisiti giusti: legata al territorio, capacità d’ascolto, conoscenza dei problemi e anni di trincea a Palazzo Frizzoni. A rappresentare Bergamo Parlamento ci può stare benissimo.

Altri in lista con questi requisiti non ne vedo. Qualcuno ha maggior visibilità sulla stampa ma questo ai cittadini serve a poco o niente.

l.n.

Ambrosoli: dai partiti un passo indietro. Ora corro.

Umberto Ambrosoli (Imagoeconomica)Umberto Ambrosoli (Imagoeconomica)

Corriere.it  MILANO – Accetta. L’avvocato Umberto Ambrosoli parteciperà a «primarie competitive organizzate da un comitato civico», ora che «i partiti hanno responsabilmente accettato di fare un passo indietro». Ma senza che il mondo civico, da lui rappresentato, voglia demonizzare la politica: «Forse questa è l’occasione per portare avanti, uno di fianco all’altro, un concetto di responsabilità verso il bene comune». Umberto Ambrosoli ha sulla scrivania del suo studio, a pochi passi dal Tribunale, le prove del logo del suo comitato, con il suo volto sorridente stagliato su un Tricolore dove il verde-Lombardia è più grande degli altri colori.

Primarie civiche, insomma?
«Avevamo chiesto fin da subito al mondo civico di indire un processo di selezione, anche perché questa è una sfida che è opportuno il centrosinistra lanci al centrodestra, dove ci sono liste civiche guidate da esponenti di partito ancora in carica o da personalità la cui componente civica è tutta da scoprire».

Allude a Gabriele Albertini? 
«Beh, mi risulta abbia una tessera di partito in tasca. Io tessere non ne ho».

Torniamo alle primarie: si chiameranno così?
«Questo lo valuterà il comitato civico: mi viene da pensare che, avendo genitori diversi, queste consultazioni dovrebbero anche avere un nome diverso. Ma decidano gli altri. Io auspico che sia mantenuta la scadenza del 15 dicembre e che siano tenute buone le firme che sono già state raccolte da chi aveva già annunciato di volersi candidare».

Nel comitato per le primarie ci saranno anche rappresentanti dei partiti?
«Sicuramente ci sarà una parte con legami nel mondo dei partiti. Non sta a me suggerire una soluzione piuttosto che un’altra: so che ci sono già molti amministratori che fanno da trait d’union fra la politica e il territorio. Ma, ripeto, non spetta a me dare suggerimenti».

Avvocato, perché prima ha detto di no alla candidatura e poi ha cambiato idea? 
«Perché dopo aver detto di no mi sono confrontato con il pensiero, le aspettative e le speranze di tante altre persone. Sono stato travolto letteralmente da mail, lettere, messaggi che ripetevano: “Se ti fossi candidato, sarei andato a votare, peccato”. Ed erano richieste diverse da quelle arrivate inizialmente».

Quali
«Prima che il sindaco Pisapia mi chiamasse e facesse la proposta, avevo sentito in tivù un politico nazionale (Enrico Letta, ndr ) dire che mi avrebbe visto bene come candidato del centrosinistra alle regionali. Ecco: lì mi avevano marchiato e la mia discesa in campo sarebbe stata inquadrata come una richiesta dei partiti».

Ma i partiti la mettono così a disagio?
«Guardi, io non ho un problema con i partiti o con il Pd. Ma ne sono oggettivamente lontano. Quindi ci ho ripensato e presento ora il “pacchetto Umberto Ambrosoli”: una squadra, un programma su cui vincolare i partiti e una autonomia alla ricerca della massima trasversalità possibile».

Questo civismo significa che la politica è morta? 
«I partiti godono di una popolarità estremamente bassa e io dico purtroppo. Ma aggiungo che se la sono un po’ cercata: per l’assenza di controlli sull’attività dei propri adepti, per la mancanza di selezione della classe dirigente, per le nomine nei cda di parenti, autisti e amici».

Che differenza c’è fra Albertini e Ambrosoli? 
«Che non ho libri sui Camuni alle spalle (ride) . Io sono il primo a riconoscergli, e fin da tempi non sospetti, alcuni meriti. Ma la differenza è sul progetto: il suo principale sponsor è chi ha governato la Regione per 17 anni, lasciando che le organizzazioni criminali si infiltrassero nella sua giunta. Una domanda sulla discontinuità dei progetti dobbiamo farcela».

Lei non ha esperienze amministrative: sarebbe in grado di amministrare la regione più importante d’Italia? 
«È vero, non ho esperienze. Ma ho la possibilità di agire in termini complementari con intelligenze e competenze di altre persone. E sono certo che intorno a questo progetto riusciremo a valorizzare anche esperienze amministrative molto positive del nostro territorio».

A chi la accusa di essere stato chiamato solo perché figlio di Giorgio Ambrosoli (che fu assassinato quando Umberto stava per compiere 8 anni, ndr) cosa risponde?
«Dico anzitutto che l’eredità che porto è bella e ne vado orgoglioso. L’esempio dei miei genitori è forte e positivo. Ma rivendico la mia autonomia, anche se sono il primo a riconoscere la pesantezza di questo cognome e spero che non venga sottoposto ad attacchi e strumentalizzazioni che certo non meriterebbe».

 

Elisabetta Soglio15 novembre 2012 | 12:10© RIPRODUZIONE RISERVATA

Scuola: Concorso lotteria

Il concorso della scuola, lotteria futuro

 
WALTER PASSERINI

 la stampa.it

 

Sembra una lotteria. E in tempi di crisi uno le prova tutte per il lavoro, compreso il gioco d’azzardo, che sta diventando la maggior in dustria nazio nale.  

Il concorsone, stando alle cifre, è davvero un mostro mai visto, oltre ogni previsione. Alla prova, che scatterà nelle prossime settimane, ci sono 28 aspiranti per ciascun posto. Sui 321 mila candidati, in 215 mila non hanno una grande esperienza di insegnamento nella scuola e non vengono dalle graduatorie in esaurimento. Otto su dieci sono donne. Hanno in media 39 anni, ma ci sono quasi 3 mila over 55. Del resto, per iscriversi era necessario avere una laurea da almeno dieci anni. Giovani esclusi, quindi. Forse per abbassare l’età media si sarebbero dovuti lasciare entrare i neolaureati senza distinzione di età. Tanto, un terno al lotto rimane.  

 

Nessuna precedenza per i 220 mila precari, solo la metà si sono iscritti. Il pieno lo fa il Sud (165 mila domande), in testa la Campania (57 mila). Ci vuole rispetto per i seguaci di Pierre De Coubertin: l’importante non è vincere ma partecipare. Tra gli ordini prescelti c’è una certa omogeneità, con una leggera preferenza per le superiori (27%). Che cosa spinga un esercito della speranza di queste proporzioni a gettarsi nella mischia per ottenere un posto a scuola non è dato sapere, ma possiamo immaginare: forse più della motivazione può la disoccupazione. Eppure, l’insegnamento, una delle professioni più belle e meno pagate del mondo, esige vocazione. Ci sono degli eroi nelle scuole, che per meno di 1.500 euro al mese ci mettono l’anima e a volte anche soldi propri: per fotocopie, materiali didattici, anche carta igienica o acqua ossigenata.  

 

La differenza è tra chi «fa» o «è» insegnante. L’identità professionale deve essere forte per nuotare controcorrente, contro la fatica, i bassi stipendi, l’autoformazione, scansando i genitori sindacalisti accaniti dei propri figli e sfidando il disprezzo per una figura sociale che ha goduto di maggior prestigio. Ci basterebbe che intorno al concorsone si sviluppasse una discussione sulle finalità della nostra scuola. Abbiamo una scuola dell’infanzia e una scuola primaria che tutti ci invidiano. E’ dalle medie inferiori che appare l’anello debole, che crea dispersione e che non aiuta alla successiva selezione. Così tanti scelgono le superiori a 13 anni senza saper bene che fare. E quasi lo stesso succede per il dopo superiori. Non scarichiamo le colpe sugli insegnanti, né corresponsabilizziamo le famiglie. E’ contro chi disprezza lo studio come ascensore sociale che dovremmo gridare. L’educazione primaria e secondaria non è così male. Certo dovremmo migliorare il mix tra studi tecnici e umanistici, tra licei e istituti professionali.  

 

C’è un deficit di orientamento che condanna alla dispersione e allo spreco di risorse e che non fa amare la scuola. Ma il vero anello mancante su cui dovremmo discutere e decidere è l’introduzione con pari dignità della cosiddetta educazione terziaria, che non può essere solo universitaria. Francia, Germania, Regno Unito e Svizzera hanno da anni un’educazione post diploma di livello elevato e professionale. Noi ci balocchiamo ancora con deboli sperimentazioni. Allora, se vogliamo investire su un maggior dialogo tra scuola e mondo del lavoro è qui che dobbiamo puntare. E’ da qui che dovranno uscire quei tecnici che determinano una domanda inevasa di oltre 100 mila figure professionali. Intanto anche il concorsone un po’ di lavoro lo sta già creando: per i commissari d’esame, per la formazione dei formatori, per informatici ed esperti di dati e archiviazione, per avvocati esperti di ricorsi al Tar. E per stilare le domande dei quiz e dei test, almeno questa volta, confidiamo, a prova di errore.