Sono passati venti anni, sono state conseguite diverse vittorie nella lotta al potere occulto mafioso, anche se in questi giorni vengono fuori scorie velenose che sarà bene chiarire.
Eppure non è piacevole notare che si respirava un clima migliore allora: i giovani si riavvicinavano alla politica, assemblee affollate, voglia di partecipazione, sindacati mobilitati. Tutti “a vigilare” il fortino delle Istituzioni democratiche.
Siamo cambiati. Si sono ribaltate le priorità, prima l’interesse individuale e poi, non sempre, quello collettivo. I partiti e le forze organizzate hanno avuto le loro colpe permettendo la dispersione di tutte le energie positive accumulate nei primi anni novanta. Il Parlamento, l’organo massimo di rappresentanza, è frequentato da soggetti coinvolti in associazioni di stampo mafioso. Addirittura è negata ai giudici la possibilità di indagare su di loro.
Il decoro morale delle istituzioni non figura nell’agenda politica, il rinnovamento che s’invoca consiste in una spinta ai vecchi solo per occupare il loro posto.
La proposta di Grillo è un vaffa a tutti e lo stesso rottamatore di Firenze si guarda bene dall’accennare a questi temi per un motivo semplice: non ha “i fondamentali”. Questo giovanotto è molto distante dai ragazzi che affollavano le sale per ascoltare Caponnetto e Padre Pintacuda.
Qualcosa si sta muovendo, come il movimento delle donne, che ha portato quell’aria nuova che è servita per eleggere i nuovi sindaci di Napoli, Milano, Cagliari e altri.
I partiti devono assecondare questi tentativi, devono aprirsi e non chiudersi per difendere privilegi o schemi obsoleti. Venti anni fa nessuno avrebbe mai potuto prevedere che nel 2012 la storia politica italiana si sarebbe occupata di trote, di rapine ai finanziamenti dei partiti. Allora proviamo a ripartire da quello spirito. I giovani recuperino quelle energie positive per partecipare attivamente alla gestione della cosa pubblica. Ripartiamo da Falcone e Borsellino.
l.n.