Brancher e le storie di ordinaria follia

Storie di ordinaria follia: andando indietro con la memoria, non si riesce a individuare nel passato vicino e lontano un caso “modello Brancher”. Un ministro “Non al federalismo”, come qualcuno l’ha definito, costretto a dimettersi due settimane dopo la nomina. La vicenda va oltre la dimensione e la caratteristica del personaggio e investe l’intera compagine governativa. Dalla nomina, alla cerimonia del giuramento, con testimone la strana coppia Tremonti Calderoli, al balletto delle deleghe mai note, allo scivolone del legittimo impedimento e al ritorno al punto di partenza. E’ probabile che qualche politico abbia sopravvalutato se stesso in una sorta di percepita impunità tale da poter sfidare l’opinione pubblica o il comune senso del pudore. E’ andata male non solo per il diretto interessato, sballottato per quindici gironi come un pedalò in mezzo all’oceano. Ne esce con le ossa rotte la classe politica dominante costretta a una misera ritirata, con caduta rovinosa della credibilità residua. Lo stress per l’accavallarsi delle leggi da portare a casa tipo lodo Alfano, legittimo impedimento, intercettazioni ha mandato in tilt lo stato maggiore del governo.

Perché Brancher si deve dimettere

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Un ministro alle “Varie eventuali” non serve al nostro Paese. Ormai, scoperto il giochino della nomina per evitare il processo, è caduta anche l’unica motivazione inventata per aggiungere un’altra poltrona alla casta ministeriale italiana. L’articolo di Ferruccio de Bortoli sul corriere della sera di oggi, fa cadere in maniera impietosa il velo su questa triste commedia nella quale emergono fatti sconcertanti. La scena del giuramento di Brancher avvenuto alla presenza dei suoi amici Tremonti e Calderoli in un’atmosfera gaudente è semplicemente insopportabile. Questo alla luce del curriculum (politico e non) del neo ministro e delle udienze processuali che lo attendono.
Brancher deve andare a casa e se non lo fa da solo, lo devono convincere coloro che oggi comandano nel centrodestra e nella lega. A proposito del movimento padano pare sempre più opportuna una forte autocritica da parte della dirigenza del movimento oggi perfettamente integrata nella “Roma ladrona” da loro inventata. Altro che Lippi e i calciatori, sono altri a procurare la caduta precipitosa della credibilità del nostro Paese a livello internazionale. Più che una vicenda politica sembra una delle gag dei Soliti (ig)Noti.
Brancher, si dimetta e ci lasci pensare alla crisi, ai giovani senza lavoro e alle persone per bene che meritano tutta la vicinanza da parte delle Istituzioni.