Giustizia; Anm, mai come ora leggi piegate ad interessi di parte.

‘Si incide su processo in corso e si intimidisce magistratura’

25 marzo, 16:02 Ansa.it

ROMA – “Non era mai successo che l’attività legislativa venisse piegata in maniera così esplicita ad interessi particolari”.Così in un lungo documento l’Associazione nazionale magistrati critica duramente sia la riduzione dei termini di prescrizione sia la modifica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati. “Nel giro di pochi giorni -evidenziano il presidente Luca Palamara, il segretasrio Giuseppe Cascini e il vice presidente AQntonello Aridutoro- la maggioranza di governo ha dimostrato quale era il vero obiettivo dell’annunciata riforma epocale della giustizia: risolvere situazioni legate a singole vicende processuali, direttamente con una norma sulla prescrizione dichiaratamente destinata ad incidere sullo svolgimento di un processo in corso, e indirettamente con una modifica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati punitiva e intimidatoria”.

ANM, PRESCRIZIONE BREVE OFFESA CITTADINI ONESTI – “La riduzione dei termini di prescrizione è un’offesa per tutti i cittadini onesti di questo paese” e “rischia solo di determinare l’impunità per autori di gravi delitti”; ed il fatto di differenziare le regole ”in ragione della personalita’ dell’imputato appare palesemente in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza e di ragionevolezza”. L’Associazione nazionale dei magistrati va all’attacco della riforma con un documento firmato dal presidente Luca Palamara, dal vice presidente Antonello Ardituro e dal segretario generale Giuseppe Cascini. “Già nel 2005, con la cosiddetta legge ex Cirielli, i termini di prescrizione dei reati sono stati drasticamente ridotti, con il risultato che nel 2009 il numero dei reati estinti per prescrizione è stato di oltre 140mila- fanno notare i vertici dell’Anm-. In un solo anno più di 140mila persone accusate di un reato hanno beneficiato della scappatoia della prescrizione”. Per il sindacato delle toghe “è evidente che un’ulteriore riduzione dei termini di prescrizione, in assenza di qualsiasi intervento diretto ad assicurare un migliore funzionamento del sistema giudiziario, determinerà soltanto un significativo incremento del numero dei processi destinati alla prescrizione. Gli unici processi che potranno essere portati a termine saranno quelli nei confronti dei recidivi, mentre gli incensurati avranno ottime probabilità di restare tali per sempre”.

    Stezzano: aumento del 500 per cento al segretario comunale: due condanne

    IL CASO repubblica.it

    L’ex dirigente del Comune di Stezzano era arrivato a guadagnare in un anno oltre 200mila euro,
    quasi quanto il presidente della Cassazione. La Corte dei conti ha condannato lui e l’ex sindaco

    Già segretario del Comune di Stezzano (poco meno di 12mila abitanti in provincia di Bergamo), per due anni è stato nominato anche direttore generale, percependo un compenso “abnorme e ingiustificato” per il doppio incarico con un aumento superiore al 500 per cento rispetto al predecessore e per un ammontare che si avvicinava al tetto massimo previsto per il presidente della Cassazione. Giovanni Barberi Frandanisa, che nel 2007 ha portato a casa 207mila 156 euro lordi e nel 2008 altri 224mila 302 euro, è stato condannato insieme con l’ex sindaco Stefano Oberti a risarcire il danno erariale, calcolato dalla Corte dei conti in 174.157,16 euro, pari al valore di uno dei due contratti.

    La vicenda è stata citata dal procuratore milanese della Corte dei conti facente funzioni, Paolo Evangelista, nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, secondo il quale “se è vero che nell’ordinamento degli enti locali non è stato specificato, neppure a livello di contrattazione collettiva, l’ammontare della predetta indennità aggiuntiva, è altrettanto vero che il potere discrezionale del sindaco deve essere esercitato in coerenza con i principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e deve essere sorretto dal superiore principio di ragionevolezza dell’agire pubblico”.
    La vicenda era stata sollevata dalla stampa nel 2008 “determinando una situazione di tensione presso l’amministrazione locale, culminata con le dimissioni del segretario-direttore generale convenuto e la cessazione del suo rapporto lavorativo con il Comune di Stezzano dal dicembre 2008”, si legge nella sentenza.


    Bondi: Addio in lacrime


    di Marco Damilano L’Espresso

    Il ministro-poeta accompagna le sue dimissioni con un piagnisteo per il ‘massacro mediatico’ e il ‘calvario’ a cui sarebbe stato sottoposto. E se la prende perfino con la stampa di destra. Dimostrando di avere un solo interesse politico e culturale: quello per se stesso

    (24 marzo 2011)

    Sandro BondiSandro Bondi«Elogio di un politico diverso», l’ha stilato oggi Giuliano Ferrara sul “Foglio” in onore di Sandro Bondi che lascia il ministero della Cultura. Da solo: né il “Giornale” né “Libero”, i quotidiani della famiglia Berlusconi su cui pure Bondi negli ultimi anni ha scritto a giorni alterni su tutto lo scibile umano, hanno sentito il bisogno di dedicargli un commiato. Niente, neppure una riga. Come se non fosse mai esistito.

    Forse per ripagarlo delle affermazioni dell’altro giorno, quando l’ancora inquilino del ministero di via del Collegio Romano attaccò il giornale della coppia Feltri-Belpietro: «Il metodo di “Libero” mi ripugna. Questo carattere di uno dei maggiori organi di informazione del centro-destra non aiuta la crescita di una matura opinione moderata».? Non per il caso Boffo o altre nefandezze: no, semplicemente “Libero” aveva messo la foto del ministro insieme ad altri voltagabbana sul nucleare. Tanto è bastato per ripugnare Bondi, anima candida.

    L’ex ministro, scrive Ferrara, è un politico diverso perché gli sono ceduti i nervi, perché ha scoperto che la politica è un gioco duro e che lui non ci sta, non è un gladiatore. E nella giornata di mercoledì, in effetti, si è visto come si comporta un politico attrezzato alla guerra. Il ministro entrante Saverio Romano: lui non si scompone di fronte a niente. Lo accusano di avere rapporti con la mafia e lui nulla, volto da sfinge (altro che da contadino, come lo avrebbe voluto Bossi). Lo nominano ministro, appena scende le scale gli piomba addosso una nota del Quirinale a proposito dei suoi guai giudiziari che lascerebbe tramortito chiunque. E Romano, serafico, replica che la nota non rappresenta il pensiero del Presidente Napolitano. Non può rappresentarlo, perché altrimenti sarebbe un pensiero sbagliato. Complimenti, ministro: il premio faccia da tolla 2011 è tutto suo, e dire che le candidature sono parecchie e il concorso affollato.
    Ma l’alternativa all’arroganza e alla maleducazione istituzionale non può essere Bondi. Tutto il rispetto umano e politico per una persona che dice: io vado via, non ce la faccio più. Ma ci risparmi il piagnisteo, il vittimismo, il tono lagnoso di interviste come quella pubblicata oggi sul “Corriere”. «Sono stato aggredito», si lamenta Bondi con Paolo Conti, «la mia figura pubblica è stata letteralmente sottoposta a un massacro mediatico». Gli stessi argomenti utilizzati quando le opposizioni presentarono una mozione di sfiducia alla Camera dopo il crollo del muro di Pompei: «un linciaggio senza precedenti», commentò Bondi. E giù lamentazioni sempre più imbarazzanti: una via crucis, un calvario…

    Eh no. In democrazia i giornali scrivono e l’opposizione prepara mozioni di sfiducia, mica tortura. Bondi è una persona che dalla politica ha avuto tutto. Fama, notorietà, gratificazioni economiche e affettive.

    «Senza la guerra io sarei rimasto un intellettuale con interessi prevalentemente letterari», scrisse Giame Pintor nel 1943. Ecco: chi sarebbe stato Bondi senza la politica, e senza Berlusconi? Quando era in auge, qualcuno si spinse a recensire con entusiasmo perfino le sue composizioni poetiche, le sue quartine sono state pubblicate su tutti i giornali, manco fosse Montale. Altrettanta attenzione è stata riservata alle sue disquisizioni teologiche. Ha pubblicato una caterva di libri con la prima casa editrice italiana, per inciso di proprietà del suo datore di lavoro. Con titoli come “La civiltà dell’amore” o “Il sole in tasca” chissà se un autore sconosciuto, poniamo il sindaco di una cittadina della Lunigiana come Fivizzano, avrebbe avuto altrettanto ascolto. E chissà se qualcuno si sarebbe interessato al suo pensiero. Finito? No, perché abbiamo dovuto sopportare anche le interviste in coppia del ministro con la fidanzata-deputata Manuela Repetti (Bond and Clyde, copyright Denise Pardo), mano nella mano di fronte alle telecamere di Sky, le foto delle loro vacanze al mare, e quanto è bravo lui e quanto è brava lei e come fa l’amore lui… (sempre su “Libero”, intervista firmata da Barbara Romano, due settimane fa. Nessuna ripugnanza del ministro, in questo caso).

    Libia: Alla Camera la mozione di maggioranza passa per 7 voti.

    Roma, 24-03-2011 rainews24.it

    La Camera ha approvato la risoluzione della maggioranza sulla Libia che riassume le posizioni del Pdl, della Lega e del gruppo dei Responsabili.

    La mozione di maggioranza sulla Libia e’ stata approvata per soli sette voti di scarto, con 300 si’, 293 no e due astenuti. Contro hanno votato Pd, Fli, Idv e Udc.

    Approvata, dalla Camera anhe la risoluzione presentata dalle opposizioni (senza i radicali) Pd, Idv e Terzo Polo.

    La risoluzione dell’opposizione sulla situazione in Libia e’ passata a larghissima maggioranza, raccogliendo il voto del centrodestra. Il testo e’ stato approvato con 547 voti a favore, dieci contrari e 29 astenuti. Respinta, invece, la risoluzione del radicale Matteo Mecacci.

    Caso Cucchi: al via il processo.

    Roma, 24 mar. (Adnkronos) – Tre agenti carcerari, sei medici dell’ospedale Sandro Pertini in servizio presso il reparto detenuti e tre infermieri dello stesso reparto. Sono gli imputati che da oggi vengono giudicati dalla terza Corte d’Assise presieduta da Evelina Canale nel processo per la morte di Stefano Cucchi, avvenuta nel reparto detenuti dell’ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009, dopo essere stato arrestato sette giorni prima per detenzione di stupefacenti. Nel reparto – sostiene l’accusa rappresentata dai pubblici ministeri Vincenzo Barba e Francesca Loi – non gli erano state prestate le cure minime pur essendo in uno stato di totale debilitazione anche a causa delle percosse subite. Si disse al momento dei fatti che, se in ospedale gli fosse stato dato un bicchiere d’acqua zuccherata, non sarebbe morto. Diverse le posizioni processuali dei dodici imputati. In particolare le guardie Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici sono imputati di lesioni personali aggravate perché abusando dei loro poteri picchiarono duramente Cucchi dopo che la mattina del 16 ottobre in Tribunale fu sottoposto alla convalida dell’arresto. Quanto ai medici Aldo Fierro (direttore del reparto detenuti del Pertini), Stefania Corvi, Flaminia Bruno, Luigi Preite de Marchis e Silvia Di Carlo, insieme con gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe, rispondono di abbandono di persona incapace: reato aggravato dal fatto che proprio per la mancanza di cure Cucchi morì. Un altro medico, Rosita Caponetti, dirigente del Pertini, è accusata di falso e abuso d’ufficio per il comportamento tenuto nel ricovero di Cucchi nell’ospedale e annotazioni sulla cartella clinica delle condizioni del paziente. Questi reati le erano stati contestati in concorso con un funzionario del Dap, Claudio Marchiandi, che però si è fatto processare con il rito abbreviato subendo una condanna di due anni. Di conseguenza è uscito dal processo. Altri reati poi sono stati contestati a Fierro e Corvi (rilevazioni di segreti di ufficio) e a Bruno (falso). Tutti i medici e gli infermieri sono imputati di favoreggiamento e omissione di referto. Nel processo si sono costituiti parte civile i famigliari di Cucchi con l’assistenza dell’avvocato Fabio Anselmo, il Comune di Roma con l’avvocato Enrico Maggiore. Sub judice la richiesta presentata dal Tribunale del malato ‘Cittadinanza attiva’ che ha chiesto di essere presente nel processo con l’assistenza dell’avvocato Stefano Macioni. Quanto agli imputati, soltanto due sono presenti: la guardia carceraria Nicola Minichini, assistito dall’avvocato Diego Perugini, e Stefania Corbi, medico assistito dall’avvocato Franco Luberti.

     

     


    Rispunta il Processo breve ad personam

    Berlusconi.jpgMentre l’opinione pubblica segue con preoccupazione la tragedia del Giappone e i fatti della Libia, il governo si dedica con ostinazione e costanza alla difesa del premier dai suoi processi giudiziari. I contenuti di questo ennesimo scudo per il presidente del consiglio dovrebbero incontrare la disapprovazione di tutte le persone normali.  Un “processo breve” confezionato per mandare in prescizione i processi a carico del capo. In una situazione di grave instabilità internazionale, con la crisi finanziaria che mette in ginocchio le famiglie e i giovani, il Parlamento si dedica alla solita attività: evitare che il leader sia giudicato come dovrebbe esserre giudicato qualsiasi cittadino. Mai la politica si era spinta fino a tanto. Dove si vuole arrivare?

    leggi anche:

    http://www.repubblica.it/politica/2011/03/22/news/processo_breve-13961840/?ref=HREC1-3

    Romamo ministro dell’Agricoltura. Napolitano: “Chiarisca la sua posizione”

    Con lo spostamento di Galan ai Beni culturali, l’esponente dei Responsabili ha giurato al Quirinale. Il capo dello Stato: “Chiarire presto pesanti imputazioni a suo carico”. Il nuovo membro del governo è sotto inchiesta per mafia e corruzione. Lui: “Mai stato imputato”. Opposizione all’attacco: “Il Cavaliere è sotto ricatto”

    ROMA –  redpubblica.it Va in porto il rimpasto di governo a lungo inseguito da Silvio Berlusconi, ma non senza intoppi. Saverio Romano ha giurato oggi al Quirinale in veste di nuovo ministro dell’Agricoltura, ma il presidente della Repubblica non ha mancato di fare pesare le sue perplessità per le pesanti ombre giudiziarie 1 che gravano sull’esponente dei Reponsabili. Nonostante questo, davanti alle sempre più pressanti richieste dei Responsabili, indispensabili per la sopravvivenza dell’esecutivo, Berlusconi ha dovuto andare avanti comunque.  

    “Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – si legge in una nota del Colle – dal momento in cui gli è stata prospettata la nomina dell’onorevole Romano a ministro dell’Agricoltura, ha ritenuto necessario assumere informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni”. “A seguito della odierna formalizzazione della proposta da parte del presidente del consiglio, il presidente della Repubblica ha proceduto alla nomina non ravvisando impedimenti giuridico-formali che ne giustificassero un diniego – prosegue il comunicato – Egli ha in pari tempo auspicato che gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l’effettiva posizione del ministro”. 

    “Sono dispiaciuto dalla nota del Quirinale”, risponde il neoministro. “Non sono mai stato imputato”.

    Romano 

    prende il posto di Galan, spostato ai Beni cultiurali, poltrona lasciata vuota dall’ufficializzazione delle annunciate dimissioni di Sandro Bondi. Proprio ieri ilGiornale di Sicilia aveva rivelato l’intenzione del gip palermitano Giuliano Castiglia di non voler archiviare l’inchiesta che vede il neoministro indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Contro Romano resta in piedi inoltre anche un procedimento per corruzione aggravata dal fatto che sarebbe stata finalizzata a favorire Cosa Nostra nato dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino.

    Le reazioni. “La posizione di Napolitano dimostra in maniera incontrovertibile che  Berlusconi non è più in grado di agire liberamente nella sua attività di governo. Ha dovuto sottostare al diktat dei Responsabili e nominare ministro Saverio Romano nonostante le note e annunciate perplessità del Quirinale –  afferma il capogruppo di Fli alla Camera Italo Bocchino – E’ ormai evidente che siamo in una situazione senza precedenti che mette a repentaglio la libertà di azione del presidente del Consiglio”. Per Massimo Donadi dell’Idv “un indagato per mafia non può fare il ministro”. E anche il Pd parla di “debolezza” di Berlusconi che, “per puntellare la sua malandata maggioranza, ha dovuto sottostare ad un vero e proprio ricatto”.

    Soddisfatto, invece,  il sottosegretario alla Presidenza del consiglio e leader di Forza del Sud Gianfranco Micciche’: “Finalmente da oggi il Sud può contare su un altro suo uomo in Consiglio dei ministri”. A fianco di Romano si schiera il ministro della Difesa Ignazio La Russa: “Romano, assolutamente incensurato, ha solo una pendenza in corso, cioè una richiesta di archiviazione di un avviso di garanzia. La Costituzione dice che uno è innocente fino alla Cassazione, ma doversi difendere dalle lungaggini di una richiesta di archiviazione che ancora non è arrivata, mi pare veramente pretendere troppo da chiunque”. 

    Quando Berlusconi disse…. Era il 23 dicembre e il premier repingendo le accuse di “calciomercato” e di compravendita di parlamentari aveva aggiunto: “Non abbiamo nemmeno promesso cariche di governo. Si sono liberati posti al governo in seguito all’uscita di Fli, ci sono 12-13 posti da assegnare ma nemmeno uno di questi posti verrà assegnato a coloro che per convinzione hanno dato supporto alla maggioranza in sostituzione di altri”. La realtà, però, dice altro. 

     

     

    Torino: Fischi e insulti per Berlusconi

    di Renato Botto   Ansa.it

    Berlusconi.jpgBerlusconi di nuovo in campo per le Comunali di Torino, per sostenere il candidato del centrodestra Michele Coppola, deciso a tentare di espugnare la roccaforte del Pd. Scattano le contestazioni di qualche centinaio di manifestanti che il premier commenta duramente accusandoli di “essere fuori dalla realtà”. E’ la seconda volta in otto giorni che il premier si occupa del capoluogo piemontese: due domeniche fa era intervenuto al telefono, a una convention al Lingotto, oggi di persona, in un centro blindato per il suo arrivo dopo i giorni delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia e per l’ospitalità al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, festeggiato per due giorni dai torinesi. Berlusconi è stato contestato da un gruppo che si è scontrato con la Polizia. Sono stati sparati dei lacrimogeni, un poliziotto è rimasto ferito e un manifestante denunciato in stato di libertà. Berlusconi arriva alle 18; lo attende la conferenza stampa per lanciare Coppola, al fianco di Roberto Cota, presidente della Regione e segretario piemontese di quella Lega Nord che al candidato scelto dal Pdl ha dato il suo pieno appoggio. 

    Sono presenti anche il coordinatore regionale del Pdl Enzo Ghigo, il segretario piemontese de La Destra Giuseppe Lonero e i tantissimi esponenti del centrodestra: tutti parteciperanno alla cena elettorale alla quale si versa un contributo di 500 euro. Ma ad aspettare il Presidente del Consiglio ci sono anche alcune centinaia di contestatori, tenuti a distanza dall’albergo dove il premier si ferma per la conferenza stampa e per la successiva cena elettorale. Ed è proprio la contestazione a indurre Berlusconi a reagire: “Non consegno il Paese che amo alla sinistra che è ancora comunista, in tutte le espressioni, a partire da coloro che dovrebbero amministrare la giustizia”. Nell’albergo si odono distintamente gli insulti dei contestatori dietro le pur lontane transenne. “Ormai ci ho fatto il callo, ma chi insulta è fuori della realtà. Qua fuori hanno gridato ‘mafioso, mafioso’, al capo di un Governo che in meno di tre anni ha catturato 7 mila presunti mafiosi e che ha consegnato alla giustizia ben 28 dei 30 più pericolosi latitanti”. La conquista di Torino è un traguardo ambizioso. “Qui – dice Berlusconi – c’é bisogno di una scopa nuova, che scopi meglio”, dice parlando di quella Torino guidata da Chiamparino, “una persona di buon senso che ci ha messo la sua faccia, la sua bonomia, per nascondere le immobilita”. Nel capoluogo piemontese una sconfitta di Fassino sarebbe un risultato storico, ma Berlusconi lancia la sfida del giovane Coppola (37 anni, Pdl, assessore regionale alla Cultura). “Ce la possiamo fare, i sondaggi dicono che nell’elettorato di sinistra c’é molta stanchezza e c’é una vasta zona di torinesi indecisi”.

       

      Il Rais bombarda Bengasi. Decine di morti

      da ansa.it   Berlusconi e ngheddafi.jpgForte bombardamento su Bengasi, la città controllata dagli insorti, dopo l’arrivo delle forze pro-Gheddafi. Il governo libico: ‘Lebande di al Qaida ci hanno attaccato, abbiamo risposto per autodifesa’.  Al Jazira ha riferito che le forze fedeli al rais attaccano la città dalla costa e da sud. Lega Araba: ‘Obiettivo prioritario è arrivare a un cessate il fuoco‘. Minaccia del Colonnello all’Occidente: ‘Ve ne pentirete‘. 
      Migliaia di persone stanno fuggendo da Bengasi, sotto attacco da questa mattina. Intanto è in corso il vertice di Parigi: attacco imminente.

      Gli attacchi di questa mattina su Bengasi hanno provocato almeno 26 morti, secondo quanto riferisce l’emittente Al Jazira, che cita fonti ospedaliere. I feriti inoltre sono almeno 40.

      ATTACCHI A GHEDDAFI DOPO VERTICE PARIGI – Gli attacchi alle forze di Gheddafi potrebbero cominciare appena finito il summit di Parigi. Lo ha rivelato alla Reuters una fonte vicina al vertice, aggiungendo che i primi a colpire potrebbero essere francesi, britannici e canadesi, seguiti da statunitensi e arabi.
      Nessun rappresentante dell’Unione africana figura nella lista dei partecipanti al vertice di Parigi sulla Libia.

      JANA, CITTADINI SI RADUNANO SU OBIETTIVI RAID – L’agenzia ufficiale libica riferisce che folle di cittadini libici si stanno radunando sugli obiettivi militari che la Francia ha minacciato di attaccare.

      NAPOLITANO, FAREMO CIO’ CHE E’ NECESSARIO
       – Presidente, l’Italia sta entrando in guerra? A questa domanda dei giornalisti, subito dopo la visita allo stabilimento Pirelli di Settimo Torinese, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha risposto: “Vedo che qui si lavora per la pace. Poi, altrove, facciamo la nostra parte come membro attivo della comunità internazionale, interessati come tutti i paesi che sono nel G8 e nell’organizzazione delle Nazioni Unite, interessati ad affermare dei principi e ad esigere il rispetto di valori fondamentali come i diritti umani e le aspirazioni di libertà e giustizia sociale oggi, in modo particolare, nel mondo arabo. E faremo ciò che è necessario anche noi”.
      Napolitano ha affermato che l’Italia è impegnata come gli altri paesi del G8 e delle Nazioni Unite a fare tutto il necessario “per affermare principi ed esigenze di rispetto di valori fondamentali come i diritti umani e le aspirazioni di libertà e giustizia sociale” che si manifestano oggi “in modo particolare nel mondo arabo”. Lo ha detto dopo la visita allo stabilimento Pirelli di Settimo Torinese.

      FINI, DOVEROSO CHE ITALIA FACCIA PROPRIA PARTE 
       – Per il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in Libia “è doveroso che l’Italia faccia la propria parte perché chi cerca la libertà possa ottenerla”. Lo afferma intervenendo a Tolmezzo (Udine) nel corso di un incontro pubblico dedicato ai 150 anni dell’Unità d’Italia. “Quello che accade nel Mediterraneo – spiega Fini – è la riprova di come non ci possa essere una dittatura per quanto feroce, tale da impedire ai popoli di chiedere e ottenere la propria dignità “. “Per questo – conclude – è doveroso per la comunità internazionale essere dalla parte di quel popolo ed è doveroso che l’Italia debba fare la propria parte perché chi cerca la libertà possa ottenerla”.

      GHEDDAFI A SARKOZY-CAMERON, VE NE PENTIRETE – Il leader libico Gheddafi ha scritto in una lettera al presidente Francese Sarkozy e al premier britannico Cameron che le potenze occidentali non hanno diritto di intervenire in Libia e che “si pentiranno” della loro ingerenza.Secondo quanto detto dal portavoce del governo libico Mussa Ibrahim in una conferenza stampa, la lettera, oltre che ai leader francese e britannico, è indirizzata anche al segretario generale dell’Onu, Ban ki-Moon. Nella missiva Gheddafi ha scritto che ogni azione militare contro la Libia sarebbe una “un’ingiustizia, una chiara aggressione… ve ne pentirete se interverrete nei nostri affari interni”. “La Libia non è vostra… – prosegue la missiva, citata da Al Jazira -. Voi non avete il diritto di intervenire nei nostri affari interni. Questo è il nostro paese, non è il vostro paese. Noi non potremmo sparare un solo proiettile contro il nostro popolo”.
      Gheddafi ha detto in una lettera al presidente Usa Obama che “i libici sono pronti a morire per me“. Lo ha riferito il portavoce del governo libico Mussa Ibrahim.

      I consiglieri comunali PD: rattrista l’atteggiamento leghista.

      da Bergamonews, 18.03.2011

      Il gruppo consiliare di Bergamo del Partito Democratico all’attacco della Lega Nord e del presidente della Provincia ettore Pirovano per l’atteggiamento tenuto in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Ecco il comunicato stampa: 

      “Nell’ambito di una festa, dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia, che è e sarà bellissima rattrista, delude e amareggia l’atteggiamento della Lega Nord e del Pdl”.
      I consiglieri della Lega hanno deciso di disertare polemicamente il Consiglio comunale straordinario di ieri sera e lo hanno fatto dopo avere abbandonato l’aula anche il giorno in cui il Consiglio, su richiesta delle minoranze, si era espresso positivamente sulla ricorrenza del 150° e aveva deciso di dedicare una seduta straordinaria alla ricorrenza.
      Le parole di Pirovano al Donizetti, nel corso della serata di festa dedicata all’unità (“l’unità non può essere un’imposizione”: e chi l’avrebbe imposta?), sono state ancor più provocatorie e inappropriate, tanto da essere accolte da una bordata di fischi e proteste. Chiunque avesse un ruolo istituzionale si è vergognato di essere rappresentato, sul palco del Donizetti, da chi non ha, evidentemente, un convinto senso di appartenenza alla nostra comunità nazionale e sacrifica valori così alti per mero calcolo politico di “bottega”; inoltre usa un linguaggio partitico quando indossa la fascia di Presidente della provincia, quindi di rappresentante di tutti i cittadini.
      Un conto è rivendicare orgogliosamente le virtù della terra bergamasca e chiedere che l’assetto federale trovi attuazione – cose delle quali la Lega non ha l’esclusiva e che sono condivise, con consapevolezza ancora maggiore, dal Partito democratico – un conto è offendere il sentimento dell’unità nazionale in cui tutti ci riconosciamo o dovremmo riconoscerci.
      Il folklore dei fazzoletti verdi in aula consigliare, già abbastanza fastidioso, ha lasciato il posto alla polemica aperta e all’offesa.
      Ma ancor più triste e deludente è l’atteggiamento dei rappresentanti del Pdl, Sindaco in testa, che – oltre a condividere un’alleanza politica con chi si esprime in questo modo – tollera o difende, anziché stigmatizzare, i comportamenti provocatori della Lega si prende la briga, invece, di polemizzare con le minoranze, ree di avere evidenziato l’assenza della Lega come fatto di particolare gravità.
      Siamo al ribaltamento della verità, per cui a rovinare la festa sarebbero le opposizioni, che si sono limitate a dichiarare un dato di realtà (la Lega non c’è) e non chi, appunto la Lega, si è assentata perché non si riconosce nel valore dell’unità nazionale.
      Ancor peggio ha fatto l’Assessore Raimondi che, volendo difendere l’indifendibile Pirovano, ha attaccato chi, tra il pubblico, ha legittimamente protestato, e ha sollecitato, con qualche confusione, un “Risorgimento morale”: un invito che dovrebbe essere rivolto ai suoi alleati ed alcuni colleghi del PDL e non certo a chi, di fronte all’arroganza ed alla provocazione, manifesta il proprio disagio.
      Il rispetto nei confronti delle opinioni diverse è sacrosanto, ma lo è altrettanto l’indignazione di fronte a scelte e decisioni che, a nostro avviso, non sono in linea con i principi fondanti della nostra Carta costituzionale.

      I consiglieri comunali del Partito democratico